Le carcik-Cd19 sono cellule geneticamente modificate efficaci per combattere la leucemia linfoblastica acuta di tipo B. Lo dice uno studio di fase 1 condotto su 27 pazienti dalla Fondazione Tettamanti di Monza e l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. I risultati sono incoraggianti: sono state osservate una tossicità molto contenuta e una remissione di malattia in oltre il 60% dei casi.
I risultati sono stati presentati lunedì mattina a Milano al convegno “Bioskills, terapie avanzate: ricerca, innovazione e risultati clinici”.
Monza: le cellule Carcik efficaci sulla leucemia linfoblastica acuta tipo B
Nei 27 pazienti (23 adulti e 4 bambini) con leucemia linfoblastica acuta tipo B l’uso di cellule carcik ha dimostrato di essere una terapia ben tollerata grazie a un livello di tossicità molto contenuto, e si rivela efficace nel portare a una remissione completa di malattia in oltre il 60% dei casi.
Questo studio segna un ulteriore passo in avanti nello sviluppo delle cellule Carcik che rappresentano un’evoluzione della terapia CAR-T. Infatti, a differenza di quanto accade nella terapia CAR-T standard (dove la fonte dei CAR-T deriva da una leucaferesi del paziente stesso), le cellule Carcik sono ricavate dal sangue di un donatore sano attraverso un processo più semplice, meno costoso e meno invasivo che non richiede, peraltro, l’utilizzo di vettori virali. La modifica genetica nelle Carcik avviene, infatti, attraverso i “trasposoni”, sequenze di DNA, che possono stabilmente modificare una cellula senza bisogno di vettori virali.
Monza: Fondazione Tettamanti e Ospedale di Bergamo hanno sviluppato una piattaforma per la produzione di cellule Carcik
La Fondazione Tettamanti ha sviluppato, insieme all’Ospedale Papa Giovanni XXIII, una piattaforma per la produzione di cellule Carcik che sono utilizzate attualmente come approccio terapeutico per diverse forme di malattie onco-ematologiche recidivanti o refrattarie alle terapie standard ed al trapianto di midollo.
«La produzione non-virale ha costi che sono stimati di almeno dieci volte inferiori a quelli virali e offre una maggiore disponibilità di cellule terapeutiche in quanto si possono ottenere da un donatore che sia anche parzialmente compatibile – spiega Andrea Biondi, direttore scientifico della Fondazione Tettamanti e dell’IRCSS San Gerardo dei Tintori di Monza – questi elementi, uniti ai minori effetti collaterali, stanno suscitando grande interesse per le cellule CARCIK sia nel mondo accademico sia in una prospettiva di sviluppo industriale».
Dopo il trattamento una remissione completa di malattia è stata documentata in 18 pazienti su 27 (66,7%). Percentuali ancora più alte di remissione di malattia sono state osservate nei pazienti cui sono state somministrate le dosi di cellule più elevate. Le cellule infuse si sono espanse rapidamente in vivo e sono rimaste misurabili nel sangue periferico per molti mesi indicando che tali cellule possono esercitare un controllo della malattia prolungato nel tempo.