I sorrisi si percepiscono dietro le mascherine chirurgiche. Sono quelli delle dottoresse Marta Verna e Marta Canesi e dell’equipe in Guatemala che ha effettuato il primo trapianto autologo su un ragazzo affetto da leucemia mieloide acuta.
Leucemia mieloide acuta: il progetto “Children Global Medicine” del Centro Maria Letizia Verga
Il sorriso è anche quello di Marco, 14 anni, il primo paziente trapiantato grazie al supporto del team della “Children Global Medicine” del Centro Maria Letizia Verga, coordinato da Marta Verna e Marta Canesi e fortemente sostenuto dal professor Andrea Biondi, direttore scientifico del Comitato Maria Letizia Verga.
«Si tratta di un traguardo –spiega Marta Verna, coordinatrice del progetto – che mostra con chiarezza cosa intendiamo quando parliamo di “capacity building”, il nostro impegno a condividere pratiche e competenze perché attecchiscano in tutto il mondo e proseguano nel tempo, creando nei territori strutture capaci di procedere in autonomia e diventare un riferimento anche per i paesi limitrofi».
Un “contagio positivo” che ha portato due anni fa alla realizzazione in Guatemala di un centro che oggi opera con la supervisione da remoto degli specialisti monzesi, mentre è in corso la formazione dei vicini specialisti di El Salvador, il secondo paese centroamericano ad adottare questa strategia terapeutica.
Leucemia mieloide acuta: chi è Marco, figlio di una zona rurale del Guatemala
Marco, il primo paziente guarito, proviene da una zona rurale del Guatemala, dove non arrivano né luce né gas. La sua numerosa famiglia è Maya, i nativi di quelle terre, ancora oggi tra le fasce di popolazione più povere ed emarginate del Paese. Il suo nucleo è numeroso e tutti lavorano la terra, solo pochissimi imparano a leggere e scrivere. Per famiglie come la sua il viaggio per accompagnarlo nella grande città, l’unico luogo dove si può curare la leucemia in Guatemala, è molto lungo e comporta difficoltà per l’intera famiglia: viene meno sia un aiuto per il lavoro nei campi sia l’accudimento dei figli più piccoli che devono restare senza la madre per molti giorni.
Leucemia mieloide acuta: «Una sfida non solo sul piano clinico»
«Questi pazienti e le loro famiglie rappresentano una sfida non solo sul piano clinico – prosegue Verna – ma soprattutto su quello dell’incontro e dello scambio: Marco era fragile e introverso, sua mamma molto silenziosa e poco abituata a rassicurarlo, entrambi erano diffidenti verso medici e infermieri e non abituati a ritrovarsi oggetto di cure e attenzioni. Parte del nostro lavoro consiste anche nel costruire un codice comunicativo comune, per poter creare fiducia e alleanza terapeutica. Dopo alcuni giorni difficili in terapia intensiva, la situazione di Marco si è stabilizzata ed è potuto tornare nel suo campo. Viene in città solo per fare i controlli e porta indossa sempre la maglietta della sua squadra di calcio del cuore che gli abbiamo regalato: oggi ne è felice anche se la sorpresa di ricevere un regalo all’inizio lo aveva addirittura spaventato».