Giacomo Puccini si schierò apertamente contro la guerra. A ricordarlo, nel giorno dell’anniversario della fine del primo conflitto mondiale, è Ettore Radice, presidente del comitato per le celebrazioni pucciniane nato per ricordare il centenario della morte del compositore che visse a Monza tra il 1886 e il 1887.
Puccini contro la guerra: «È troppo orribile, qualunque risultato abbia»
«Fin dai primi di febbraio del 1915 – sottolinea Radice – Puccini veniva accusato ingiustamente di tendenze germanofile, proprio lui che non si era mai occupato di politica. Ho trovato una sua testimonianza nella quale il compositore commenta le posizioni futuriste con queste parole: “La guerra la sola igiene del mondo! che bischerata! Mai stato d’accordo con questa affermazione! un’idea strampalata, assurda».
Puccini esprimeva queste idee a Sybil Seligman, un’amica inglese con la quale in passato, aveva avuto una relazione. E aggiungeva: «Almeno noi siamo senza guerra, è un discorso egoista, lo so, ma non posso fare a meno di farlo. La guerra è troppo orribile: qualunque risultato abbia, sia vittoria, sia disfatta, le vite umane sono sacrificate».
Puccini contro la guerra, le ripercussioni sul lavoro e anche in amore
Per le sue posizioni contro la guerra, il compositore lucchese ebbe ripercussioni sul lavoro. «Ho dei documenti – riprende Radice – in cui Puccini scrive all’editore Tito Ricordi queste parole: “Anche il mio lavoro langue. E pensare che non siamo che all’inizio di questo sfacelo” E ancora: “Io ho lavorato poco, questa guerra mi distorna.. Se non finisce questa guerra, che cosa se ne fa il mondo della musica?”».
Anche per le sue avventure amorose la guerra costituì per Puccini un grave danno. A causa degli eventi si chiuse la sua storia con la baronessa tedesca Josephine von Stengel che si era trasferita in Svizzera dopo che il marito era morto sui campi di battaglia. «Dopo l’entrata in guerra dell’Italia – prosegue Radice – la baronessa diventava un soggetto nemico: lei non poteva più venire in Italia, lui non poteva più andare in Germania. Potevano, però, vedersi in Svizzera, territorio neutrale. I frequenti viaggi in terra elvetica avevano fatto ricadere su Puccini gravi sospetti di spionaggio. Il Prefetto di Como riteneva che la Von Stengel, per via dei suoi rapporti con ufficiali tedeschi e austriaci, fosse una spia e per questo sarebbe stato il caso di vietare al compositore di uscire dall’Italia».
Una lettera anonima denunciò effettivamente Puccini come spia. «A Puccini venne negato il permesso di lasciare l’Italia – conclude Radice – Paradossalmente, quando la guerra terminò e la relazione avrebbe potuto riprendere, invece si spense».