‘Ndrangheta a Rho, la prima donna “boss” della Lombardia fu arrestata dalla Polfer di Monza

La donna, 45 anni, è salita agli onori della cronaca in quanto considerata dai magistrati «la prima donna definita capo della `ndrangheta in Lombardia»
Agenti della polizia ferroviaria
Agenti della polizia ferroviaria

Era stata arrestata dalla Polizia ferroviaria di Monza, il 2 marzo 2021, su un treno della linea Chiasso -Milano Porta Garibaldi quella che è considerata dai magistrati «la prima donna definita capo della `ndrangheta in Lombardia»,  Francesca Giancotti, origini pugliesi, classe 1976, “scelta” da Cristian Bandiera, figlio del boss settantaquattrenne Gaetano, durante la sua permanenza in quarantena nel carcere di Bollate, per “coadiuvarlo nella direzione dell’organizzazione mafiosa“, con compiti di “decisione, pianificazione e individuazione delle azioni da compiere e delle strategie da adottare“. Gli agenti della Polfer di Monza, su indicazione dei colleghi della Mobile di Milano, l’avevano fermata dopo che aveva appena ritirato 200 grammi di cocaina pagati 5mila euro (prima di due tranche) alla fornitrice Francesca Curinga, del Comasco, un’altra delle cinque donne arrestate martedì 22 novembre in un’operazione della Dda sulla Locale di ‘ndrangheta di Rho.

Il clan Bandiera sospettato di aver tentato di riformare la Locale di Rho

Il clan Bandiera sarebbe sospettato dalla Polizia di Stato e dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano di aver tentato di riformare la Locale di Rho di ’ndrangheta già colpita dall’indagine Infinito della Dda di Milano nel 2010: 49 le misure cautelari eseguite, a vario titolo, per associazione per delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, minacce, violenza privata, incendio, detenzione e porto illegale di armi aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa.

L’arresto della “boss” Giancotti e una faida sfiorata

Un arresto, quello della Giancotti, a Monza, che aveva rischiato di fare scoppiare una faida tra i Bandiera e i Curingia, altra famiglia di ‘ndrangheta, che avrebbe rifornito di droga la «locale di Rho», accusati di non voler partecipare alle spese legali e per il suo sostentamento durante la prigionia.