Il Comune di Seregno acquisisce 23 beni confiscati alla ‘ndrangheta

Le unità immobiliari si trovano in un'unica palazzina in via delle Grigne, nella zona a nord della città, ed hanno un valore catastale di 2 milioni di euro
La palazzina di via delle Grigne

Nove appartamenti, un attico e tredici box, per un valore catastale pari a 2 milioni di euro, in un unico immobile in via delle Grigne, nella zona settentrionale del territorio locale. Sono i beni confiscati alla criminalità organizzata di stampo mafioso, che il Comune di Seregno ha acquisito al suo patrimonio, grazie ad una delibera approvata con voto unanime delle forze politiche, nella seduta di giovedì 22 settembre del consiglio comunale, la prima dopo le ferie estive. «La confisca -ha spiegato l’assessore ai lavori pubblici Pinuccio Borgonovo- è arrivata a seguito di una sentenza dell’autorità giudiziaria risalente al 2015. L’agenzia nazionale per i beni confiscati ci ha proposto l’acquisizione nel 2021 e per questo abbiamo partecipato a due manifestazioni di interesse, una in luglio ed una in dicembre. Ora la delibera serve per la trascrizione del passaggio di proprietà». Il nuovo patrimonio, ubicato come detto in una singola palazzina, peraltro di aspetto elegante, nelle vicinanze del Piccolo Cottolengo don Orione di via Verdi, sarà utilizzato con uno scopo già definito: «La finalità sarà sociale, per interventi per l’emergenza abitativa».

Beni confiscati: l’intervento del consigliere Ripamonti


Nel merito, si è espresso anche Davide Ripamonti, consigliere del Partito democratico e presidente della commissione consiliare che sovrintende alla legalità ed al contrasto dei fenomeni mafiosi: «Questa è una serata molto significativa per Seregno. Stiamo parlando dell’acquisizione di ventitré unità immobiliari, frutto di un lavoro complesso e per nulla semplice, che ha richiesto più incontri». Ripamonti ha quindi riannodato i fili del percorso giudiziario: «Le confische sono maturate nell’ambito dell’operazione “Tibet” del 2014, che ha portato alla scoperta della banca della ’ndrangheta. La cassazione parla da questo punto di vista di un’associazione a carattere imprenditoriale, con l’obiettivo dei delitti dell’usura e del riciclaggio, per arrivare all’ottenimento di profitti illeciti». Il consigliere ha poi stigmatizzato alcune dichiarazioni rilasciate da Maria Marano, moglie di Pino Pensabene, considerato il referente dell’organizzazione, ed a sua volta titolare di un bar in corso del popolo, chiuso due volte per la possibilità di infiltrazioni mafiose nell’attività, dichiarazioni tese a minimizzare i reati contestati: «Seregno è molto distante da questo atteggiamento. Quello di oggi è un punto fermo contro le organizzazioni criminali. Siamo consapevoli che il percorso sia soltanto all’inizio, però. Ora va costruito un contenuto, ma noi ci siamo e siamo qua. Rivolgo un appello agli imprenditori: pandemia e crisi sono manna per realtà come la ’ndrangheta. Non bisogna cadere nel tranello».