Teatro Manzoni di Monza gremito e in solenne ascolto dello psicoanalista e scrittore Massimo Recalcati che giovedì sera, in occasione del World Cancer Day che si celebra il 4 febbraio, ha tenuto una Lectio Magistralis su “La cura umana”. La serata è stata organizzata da Lilt Milano Monza Brianza con il patrocinio del Comune di Monza.
Monza: Recalcati e la “cura particolareggiata”, attenzione a 360 gradi
Milanese, figlio di un floricoltore brianzolo, come ha sottolineato in un suo passaggio, Recalcati ha voluto rimarcare che l’attenzione al paziente deve essere a 360°, tenendo conto di ogni aspetto della persona.
“La morte è vista sempre come prematura, contro natura, ingiusta, una maledizione alla quale vorremmo porre rimedio anche quando capita a una persona anziana”, ha esordito. Proprio come diceva la filosofa Hannah Arendt: “Gli uomini muoiono, ma non sono fatti per morire. Sono creati per incominciare”. Ed ecco allora che “abbiamo una relazione ipocondriaca con il nostro corpo. Lo osserviamo, lo ascoltiamo spiando segnali di disagio o di malattia. La salute coincide con il silenzio degli organi”.
Monza: Recalcati e la cura più umana, padroni del proprio corpo?
Ma che succede quando non siamo più padroni di un corpo che ci appartiene, ma che si ammala e del quale perdiamo il controllo? “La malattia e la morte ci ricordano che in realtà non siamo padroni del nostro corpo perché esso ci sfugge – ha sottolineato Recalcati – e qui entra in gioco la prima traduzione della cura. C’è cura quando non dimentichiamo la differenza che separa il nome dal numero. Durante la pandemia siamo stati inondati di dati e di cifre, ma dietro questi c’erano dei volti. Anche nei trattati sanitari ci si dimentica spesso che quel corpo o, meglio quel pezzo di corpo malato, non è un numero ma un nome”.
Monza: Recalcati e la “cura particolareggiata”, la persona al centro
Come riportare al centro la persona? Recalcati ha fatto l’esempio di una madre che, al di là del numero di figli che ha avuto, considera ciascuno come un unicum, un essere insostituibile che non è clone dell’altro.
“Quando c’è cura – ha ribadito – si eredita questa funzione materna. La lezione della maternità è enorme. L’universale si sradica nel particolare, nella singolarità. Altrimenti la cura può rivelarsi disumana, diventa incuria quando il numero sovrasta il nome”. Il relatore ha anche ricordato l’importanza della cura “particolareggiata”. “Esistono dei protocolli standard – ha evidenziato – ma essi non devono essere applicati in modo universale e anonimo. Ogni soggetto è diverso da un altro e reagisce alla cura in modo diverso rispetto a un altro”.
Monza: Recalcati, la cura e i testi sacri
Anche la parola è cura e a questo proposito Recalcati ha fatto alcuni riferimenti ai testi sacri: “L’Eccomi di Abramo a Dio vuol dire ci sono, sono qui. Definisce la genitorialità nel suo fondamento: essere presente per il proprio figlio che, in questo modo, si sente sicuro e protetto. Chi si occupa di cure dovrebbe offrire la propria presenza”. E poi c’è il “Kum”, parola aramaica presente nella Bibbia e nel Vangelo che invita ad alzarsi. “È la parola che Gesù rivolge a Lazzaro durante la sua resurrezione. È anch’essa una forma di cura”.
Recalcati, citando alcuni passi del libro “La peste” di Camus, ha riflettuto sull’inevitabile. Che cosa fare davanti all’incurabile, si è chiesto? “Anche le cure palliative sono delle cure perché esse continuano al di là della terapia e anche in questo caso il malato ha bisogno di avere accanto una presenza, qualcuno che si prenda effettivamente cura di lui”.