Ha preso il via il 3 febbraio la cassa integrazione per i lavoratori della Edim Bosch di Villasanta. Dopo l’annuncio choc da parte della proprietà di vendere l’azienda di via Saragat, lo scorso autunno, le sigle sindacali sono riuscite ad ottenere un anno di tempo e a scongiurare i licenziamenti inizialmente annunciati. Dodici mesi durante i quali si dovrà capire come e se il comparto dell’automotive potrà rimettersi in moto, nonostante la grave crisi della locomotiva tedesca, o se i lavoratori della sede cittadina potranno ricollocarsi altrove.
Villasanta: cassa integrazione alla Edim Bosch, ancora un anno per una soluzione, rimangono 90 esuberi
L’accordo raggiunto dai sindacati e accolto dall’assemblea conta comunque circa novanta esuberi. La cassa integrazione riguarda ora tutti i 340 dipendenti in servizio e verrà applicata un giorno al mese per un massimo di dieci.
«Durante quest’anno monitoreremo la situazione e valuteremo la possibilità di vendere l’azienda, che resta la volontà di Bosch – ha spiegato Pietro Occhiuto, segretario Fiom Cgil Monza e Brianza – La buona notizia è che non ci sono al momento più i licenziamenti prospettati. Recuperiamo del tempo e cerchiamo di creare le condizioni necessarie per ricollocare i lavoratori».
Villasanta: cassa integrazione alla Edim Bosch, le uscite volontarie e incentivate
Mentre i primi lavoratori della fonderia villasantese hanno iniziato già questa settimana la cassa integrazione, il prossimo step riguarderà le uscite volontarie e incentivate promosse dall’azienda. I 120 esuberi annunciati all’inizio della crisi si sono poi ridotti a 90 dopo l’annuncio di trenta uscite spontanee da parte di altrettanti lavoratori. È previsto quindi un percorso di formazione e ricollocamento per chi sceglierà volontariamente di lasciare l’azienda.
Villasanta: cassa integrazione alla Edim Bosch, l’origine della crisi
Una crisi che ha travolto non solo lo stabilimento di Villasanta ma anche i quaranta dipendenti della Edim di Quero, nel Bellunese. All’origine della crisi dell’azienda ci sarebbero le dichiarate difficoltà economiche annunciate dalla dirigenza Bosch e soprattutto il fatto che le attività svolte in Edim, azienda che produce e lavora componenti in alluminio, non farebbero parte del core business del Gruppo Bosch. Da qui dunque la scelta di mettere sul mercato l’azienda.
«A fronte dello stato di crisi del settore automotive che ha investito anche la Bosch, le sigle sindacali hanno manifestato la loro contrarietà a qualsiasi ipotesi che possa prevedere azioni unilaterali da parte della multinazionale tedesca, ribadendo la disponibilità ad avviare un percorso negoziale finalizzato alla salvaguardia dell’occupazione e delle prospettive industriali nei due siti di Villasanta e Quero», avevano spiegato i delegati di Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm.
«Non è stato semplice fare tornare il gruppo Bosch sui propri passi. La mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori della Edim di Villasanta e Quero viene ripagata con il risultato che si governerà questa fase di crisi con l’utilizzo di ammortizzatori sociali e che si esclude il ricorso a licenziamenti coercitivi. Ci sono adesso tutte le condizioni per programmare un rilancio produttivo dei due siti», aveva dichiarato Occhiuto, dopo la sigla dell’accordo.