Sei progetti di design, sei mostre per ricucire il passato e il presente, un premio per analizzare il gusto contemporaneo e le proiezioni dell’arte. Tutto questo è il Premio Lissone Design che si prepara all’inaugurazione di sabato 7 dicembre. Un progetto che conferma la formula delle ultime edizioni – i designer sono presenti a invito – e che si allinea con il Premio di pittura, tornato a proporre una selezione attiva degli organizzatori nel panorama contemporaneo.
In più, una linea di demarcazione precisa: «L’aspetto che più connota l’edizione corrente è il connubio tra le forme espressive dell’arte e del design, “progetto interdisciplinare” che contribuisce alla valorizzazione storicistica e patrimoniale della città, ma si pone anche l’obiettivo di riflettere sia sull’odierno gusto estetico, sia sull’eterogeneità dei fenomeni contemporanei». Parte da qui Alberto Zanchetta, direttore artistico del Museo di Lissone che settimana prossima sceglierà, con Giacinto Di Pietrantonio e Beppe Finessi, i vincitori dell’edizione 2019. I professionisti e gli studi invitati a esercitarsi sul tema dell’amnesia, filo conduttore di quest’anno, sono Martina Brugnara, Duccio Maria Gambi, Simona Pavoni e i collettivi bn+ Brinanovara, Nucleo, Parasite 2.0. “L’ambito tematico dell’edizione 2019 si inserisce in una ricerca liminare, in cui le discipline sfumano le une nelle altre” che è allo stesso tempo il connotato fondamentale dell’attività espositiva del Mac sotto la guida di Zanchetta e il paradigma di un’epoca in cui la contaminazione tra espressione artistica tout court e creatività al servizio della produzione industriale è una regola.
Per capire quella dimensione non si può fare altro che voltarsi indietro: il premio per i designer e “una ricca programmazione di mostre a tema. Passando al setaccio storie, idee e identità”, per mantenere “uno strettissimo legame con la storia della città e del Museo: il Premio intende infatti approfondire gli eventi del passato per riuscire a riflettere e comprendere le ricerche più attuali”.
I sei progetti espositivi che affiancano il concorso propongono opere, oggetti, interventi site-specific, documenti e fotografie d’epoca che insistono a loro volta sul concetto di amnesia, “nella speranza di ricordare anziché dimenticare”. E allora il 1965 di Alberto Salvati e Ambrogio Tresoldi e i progetti per la mostra “Mobili per la casa d’oggi”, il “Colore espanso” per l’intervento realizzato nel 1970 da Giuliano Barbanti, il progetto pittura con cui Maurizio Duranti (artista, architetto e designer) torna a al suo primo amore, la pittura. E ancora l’Asàratos òikos di Luca Freschi (sculture in ceramica) e i Ri/tratti somatici di Andrea Branzi, Paolo Deganello, Anna Gili, Alessandro Guerriero, Ugo La Pietra, Franco Raggi e Nanda Vigo, fotografati da Max Falsetta Spina. A chiudere, “Descartes wall paper system”, le vetrate del Mac ripensare da Stefano Tonti.
Per il sindaco Concettina Monguzzi e l’assessore alla cultura Alessia Tremolada Lissone, «come culla del design, è sempre più orientata a mettere in luce nuovi talenti che recepiscano eredità importanti come quelle dei grandi maestri che fanno parte della nostra collezione. Con un equilibrio fra solisti e collettivi – oggi decisamente attuali – proponiamo una panoramica su come è concepito il design dalle nuove generazioni, e la abbiniamo a iniziative che rimandano a nomi consolidati e a correnti ormai storicizzate». Le mostre rimarranno allestite fino al 7 marzo: inaugurazione, sabato, alle 18.