L’arte di Yoko Ono a Monza: una cura per il mondo in guerra

Alla galleria Maurizio Caldirola arte contemporanea la mostra "Heal" con le opere dell'artista nata a Tokyo. E, per beneficenza, si può diventarne parte.
We are all water di Yoko Ono
We are all water di Yoko Ono

La cura di Yoko Ono si chiama pace. Sono passati 56 anni dal bed-in con John Lennon all’hotel Hilton di Amsterdam, contro la guerra in Vietnam, gli stessi che sono trascorsi dall’incisione di Give peace a chance, date una possibilità alla pace. Ne sono passati quasi esattamente 24 da quell’8 dicembre 1980 in cui Lennon fu ucciso sotto casa.

Yoko Ono non ha mai cambiato idea: è la pace uno dei baricentri della sua arte e lo racconta anche la mostra curata da Davide Di Maggio ospitata dalla galleria Maurizio Caldirola arte contemporanea, in via Volta 26 a Monza. Si intitola “Heal”, guarire, con sottotitolo “We are all water”, siamo tutti acqua e il riferimento è a una delle opere performative presenti in mostra, sviluppata a partire dal 2006: una serie di bottiglie che contengono unicamente acqua. Ogni bottiglia, una persona, perché l’acqua è “metafora della condizione umana, una riflessione su uguaglianza e diversità – scrive il curatore, figlio di Gino Di Maggio, da trent’anni presidente della Fondazione Mudima di Milano -. Noi siamo come l’acqua nelle bottigliette: pur contenuti in recipienti differenti, alla base condividiamo la stessa essenza”. L’idea originale dell’opera risale al 1967, per la mostra Half-A-Wind Show alla galleria Lisson di Londra.

La stessa essenza, la denuncia del non senso dei conflitti. Che è appunto il piano inclinato dell’intero progetto: “La denuncia dell’inutilità della guerra in tutte le sue forme e sfaccettature”. L’artista nata a Tokyo nel febbraio del 1933 e ultima moglie di Lennon è stata una delle animatrici del movimento statunitense Fluxus, fondato agli esordi degli anni Sessanta, caratterizzato dal ricorso a diversi media e diverse discipline artistiche e dalla forte impronta performativa.

L’arte di Yoko Ono a Monza: la mappa della pace e gli elmetti del cielo

Yoko Ono
Yoko Ono

Performance collettiva è per esempio Imagine peace map, sviluppata tra il 2003 e il 2007. in cui “Yoko Ono assimila il linguaggio di sperimentazione geografica, geo-politica e sociale tipico degli atteggiamenti critici e dell’attivismo degli anni Sessanta e Settanta. La mappa rappresenta un mondo cristallizzato, immobile, determinato e a priori; la messa in discussione dei confini significa riappropriarsi del desiderio umano di contatto e di relazione, di solidarietà e serenità”. Azione collettiva perché è stato possibile contribuire alla mappa con il timbro “Imagine peace”.
Infine gli elmetti, veri, della Wermacht che compongono Helmets – Pieces of sky (pezzi di cielo): rovesciati e appesi al contrario contengono pezzi di cielo appunto rappresentanti da pezzi di puzzle che “simboleggiano un cielo infranto e le emozioni dei soldati. Lo spettatore è invitato a interagire con i puzzle, promuovendo empatia e responsabilità etica verso la pace. L’opera richiama i temi della connessione umana e della speranza, già esplorati nelle creazioni degli anni Sessanta dell’artista”.

L’arte di Yoko Ono a Monza: come diventare parte dell’opera

Un cambiamento culturale, urgente, è il significato della mostra, proposta da un’artista che galleria e curatore considerano “una delle figure più influenti e visionarie dell’arte contemporanea, continua a portare avanti la sua incessante ricerca di pace, giustizia e riflessione attraverso linguaggi che spaziano dalla performance alla scultura, dalla musica alla videoarte”. Ancora due anni fa Yoko Ono ha realizzato un progetto internazionale con enormi insegne luminose accese a Londra, Berlino, Los Angeles, Melbourne, Milano, New York, Seoul e anche su un sito (circa.art), con una semplice scritta: “Immagina la pace”, con la firma “Con amore, Yoko, 2022”. Quello era l’anno, le 20.22 l’ora esatta in cui si è accesa in ogni città in base al fuso orario.

Non è tutto: la pace è quella che ciascuno costruisce nella propria comunità e così l’associazione Marco (Monza arte contemporanea) dal 9 al 15 dicembre su prenotazione obbligatoria (info@monzaartecontemporanea.org) dà la possibilità, in cambio di una donazione, di mettere il proprio nome su una delle bottiglie che compongono We are all water. Una parte delle donazioni ricevute saranno devolute all’impresa sociale Il Carro di Monza, che dal 1993 si occupa di contrastare la dispersione scolastica e il disagio giovanile . Anche alla mostra si accede su prenotazione (info@mauriziocaldirola. com).