Villa reale, parla l’ex concessionario: «Il modello funzionava. Il rischio? Che sia “paga Pantalone”»

A quattro mesi dalla riconsegna delle chiavi, l’imprenditore Attilio Navarra vuole vedere come sarà la gestione in house della Villa reale. Il presidente della società che è stata concessionaria della Reggia di Monza non ha dubbi: «Il modello Villa Reale era una best practice da esportare. Così è stato dato solo un colpo di spugna».
Monza Trasloco mobili villa reale
Monza Trasloco mobili villa reale Fabrizio Radaelli

«Rammarico? Sì, molto. Tanto più che ora le risorse ci sono ma sembra avere vinto un’altra logica: quella di “paga Pantalone”». Sono ormai passati quattro mesi da quando Attilio Navarra ha riconsegnato la chiavi della Villa Reale al Consorzio: era gennaio, un mese dopo la decisione dell’ente pubblico di chiudere il contratto “per inadempienza”.

Il presidente della società che è stata concessionaria della Reggia, ora, vuole stare a guardare: per vedere come sarà una gestione in house, cioè direttamente del Consorzio, di fronte a una “macchina” che per andare in pareggio deve andare a mille giri.
Per la causa intentata dal privato per risarcimento danni, d’altra parte, c’è tempo: la prima udienza, spiega Navarra, è stata fissata a gennaio 2022 al tribunale di Milano.


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«Ci vorranno anni perché arrivi al termine, immagino». Ma ora di questo si occuperanno gli avvocati, come quelli nominati per la difesa nelle scorse settimane: la parte pubblica ha deciso di affidarsi a Sara Valaguzza, milanese, che è stata anche professore ordinario all’Università Statale di Milano nella cattedra di Diritto amministrativo e che ha assistito il Consorzio “in tutta la precedente fase stragiudiziale che ha condotto lo stesso all’atto di risoluzione per grave inadempimento del concessionario” lo scorso 23 dicembre. Valaguzza ha accolto la richiesta “ritenendo opportuno, considerata la delicatezza e la complessità della vicenda, comporre un team di lavoro che includa un amministrativista di chiara fama, individuato in Riccardo Villata e ulteriormente un civilista di fiducia del Consorzio” che è non è ancora stato individuato.

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«Di certo quello che avevamo creato a partire dal 2014 iniziava ora ad avere i criteri della sostenibilità. Funzionava. Mi sembra di non essere ancora riuscito a spiegare quello che è nato nel 2012, quando la parte pubblica aveva bisogno di risorse e quindi ha fatto appello al privato, con il bando che noi abbiamo vinto. Oggi la Regione la disponibilità di risorse l’ha messa, e direi importante: e così hanno deciso di rinunciare al privato. Dando peraltro un colpo di spugna al progetto Carbonare, dal momento che hanno affidato il masterplan per progettare tutto il complesso monumentale».

Per l’ex concessionario, però, la svolta e la scelta della gestione interna è passo (storico) indietro. «Un vecchio schema in cui il pubblico che ha le risorse non si pone il problema della sostenibilità economica della gestione» annota Navarra. E poi: «Comunque lo vedremo. La sola Villa reale della parte che era in concessione costa 300mila euro all’anno di bollette. E i costi vivi per gestirla sono un milione di euro all’anno».

L’imprenditore rimane convinto anche del fatto che la scelta sia però un’inversione di marcia sbagliata (e «basta pensare che il nostro programma di manutenzioni sviluppato con il Politecnico era stato presentato a Versailles»).

Soprattutto perché «questo è un approccio culturale sbagliato: il modello Monza era un prototipo che si sarebbe potuto replicare in tutta Italia, nei tanti tesori abbandonati e chiusi. E dava la possibilità di non spendere risorse pubbliche per fare cultura. Basta guardare il bando che hanno fatto per le iniziative in Ville: devono essere a titolo gratuito per l’ente pubblico. Non c’è logica imprenditoriale, alla lunga non può funzionare. Ripeto: il modello Villa Reale era una best practice da esportare. Così è stato dato solo un colpo di spugna».