È durata quattro ore la visita alla casa circondariale di Monza promossa dal partito Radicale con l’iniziativa “Agosto in carcere”. Il 17 agosto una delegazione di cinque persone, tra esponenti del partito e amministratori locali, ha fatto visita alla struttura di via Sanquirico.
Radicali in visita al carcere di Monza: la delegazione
All’interno dell’istituto sono entrati Simona Giannetti, Francesco Pasquariello e Emilio Colombo, esponenti radicali insieme al consigliere comunale monzese Paolo Piffer e all’assessore Loredana Verzini di Cologno Monzese. Ad accompagnarli nelle diverse sezioni del carcere c’erano la direttrice, Cosima Buccoliero e il comandante della Polizia penitenziaria.
Radicali in visita al carcere di Monza: «Numerose criticità»
«Numerose le criticità di cui la politica a ogni livello dovrebbe occuparsi», hanno spiegato i membri della delegazione dopo la visita. Al momento i detenuti presenti a Monza sono 688 a fronte di una capienza regolamentare di 400 posti. Tre gli psicologi in servizio, cinque educatori, sette medici e un solo mediatore culturale. La metà dei ristretti viene da una storia personale di tossicodipendenza e almeno un terzo ha una certificazione di malattia psichica, hanno confermato i delegati dopo la visita.
Radicali in visita al carcere di Monza: gestione dei detenuti con disturbi psichiatrici
«In queste condizioni è del tutto dimenticato il diritto alla salute psichica ma anche fisica. Per vedere un dentista devi aspettare due mesi e per una visita dallo psicologo non si ha nemmeno la certezza che venga accettata la richiesta. Più che una casa circondariale quello di Monza è un carcere che ospita più delle metà dei detenuti che sono definitivi, che dovrebbero accedere a misure alternative, ma che non possono per carenza di strutture e servizi», aggiunge Giannetti, avvocato penalista.
Anche nell’istituto di Monza una delle criticità più gravi riguarda proprio la gestione dei detenuti che soffrono di disturbi psichiatrici. «Servono strutture territoriali per i casi meno gravi, con misure diverse dalla sola detenzione. Forse così si potrà iniziare ad abbattere il grave problema del sovraffollamento», ha aggiunto Giannetti.
«Servono risorse, operatori e un approccio diverso alle pene alternative», ha commentato Piffer.