«Ho detto loro di non pensare di portare altra gente lì. Io non voglio che in quella zona del paese si crei un ghetto. Ad oggi non è cambiato nulla, ma la questione non è chiusa».
A parlare così è il primo cittadino di Albiate Diego Confalonieri che il 9 settembre, il giorno dopo il corteo promosso contro il Prefetto, ha incontrato in Comune con l’assessore ai Servizi sociali Monica Longoni, i referenti della Cooperativa che gestisce l’accoglienza dei 17 migranti presenti nei locali di via IV Novembre che il sindaco ha definito “una fogna”.
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Un incontro di presentazione, concordato a metà agosto, quando le acque non erano ancora agitate sul tema. «Ad agosto, quando chiesero un incontro ero in vacanza e non avevo idea di cosa si trattasse – ribadisce Confalonieri – non è vero, come dice qualcuno, che io allora ho evitato di incontrare questa Cooperativa. Ho preso appuntamento per i primi di settembre, alla ripresa dei lavori». Caso vuole che sia avvenuto subito dopo aver manifestato per le vie del paese.
«Sono soddisfatto della partecipazione dei cittadini, me ne aspettavo 200 ed eravamo in 250 – spiega – non è una questione chiusa nel senso che dipende anche da ciò che nel futuro potrà decidere di nuovo la Prefettura. Il nostro Ufficio tecnico ha ravvisato alcune irregolarità in materia urbanistica che dovranno essere risolte. Siamo poi in attesa di ricevere il responso dalla ATS circa le condizioni igienico-sanitarie dei luoghi. Io ho una preoccupazione: in quella zona del paese non si deve creare un ghetto. Voglio sperare che dopo i 17 profughi, non ne arrivino altri lì. E questo l’ho detto alla Cooperativa. Altri in paese va bene, questo è chiaro. Ma ricordo che il mio Comune ha già ampiamente superato la soglia di profughi per numero di abitanti. Ma su questo decide il Prefetto e io cosa posso dire? Qualcuno mi ha accusato di aver offeso il Prefetto. Io dico che con le buone ho ottenuto niente, ma non abbiamo voluto fare i cattivi, abbiamo alzato un po’ i toni. Servirà poco o niente, ma ci siamo fatti sentire».
Confalonieri pone sotto i riflettori la vicenda preoccupato per ciò che potrebbe accadere tra 5 o 10 anni in via IV Novembre. «Attenzione a ciò che succede, il Comune sta all’erta – sottolinea – non m’illudo che quelle persone si possano spostare da lì, ma io lì non voglio altri profughi, non voglio creare un ghetto in quella zona. Non vorrei che tra anni questa situazione diventasse ingovernabile».
L’attenzione sul tema dei richiedenti asilo resta altissima anche a Carate Brianza. Per ora solo ventilata, l’ipotesi di nuovi arrivi era stata in parte smorzata (ma comunque non smentita) da Flavio Mantovani, legale rappresentante sia della Camedi srl, che ha acquistato l’ex mobilificio Colciago di via Trento e Trieste angolo via Oberdan, sia della cooperativa sociale ADomicilio, affittuaria del medesimo immobile, soggetto a un’ordinanza di sospensione lavori rispetto a opere di manutenzione iniziate nel mese di agosto, secondo il Comune in assenza dei dovuti permessi (segnalazioni nel merito erano arrivate dai residenti del quartiere). Rispetto all’edificio in questione, «al momento non abbiamo neppure una convenzione con la prefettura» diceva una settimana fa Mantovani, aggiungendo che «ci sono varie ipotesi di utilizzo che stiamo valutando».
«Prendo atto con sollievo che non ci sia un accordo con la Prefettura» afferma il sindaco Francesco Paoletti. «Ma non ho alcun elemento per confermare che il progetto pensato per quell’edificio possa essere differente da quello descritto con insistenza dalla voce circolata in paese, vale a dire l’accoglienza dei richiedenti asilo». Un’opzione che troverebbe riscontri dando una scorsa all’orizzonte dei Comuni vicini a Carate: è proprio la combinata Camedi – ADomicilio a stare sulle sedie della regia nella gestione dell’immobile per l’accoglienza dei richiedenti asilo che tanto ha fatto discutere ad Albiate. Ma se è vero che ADomicilio gestisce, tra gli altri, i centri di accoglienza di Arcore, Giussano, Correzzana e Cavenago, «questa non è la nostra maggiore attività, che si gioca nel campo socio-assistenziale» spiegava Mantovani.
«Oggi Carate conta 51 richiedenti asilo, la nostra città ha già dato» dice Paoletti, ben consapevole che un eventuale nuovo arrivo (visti gli spazi dell’edificio in questione, potrebbe anche essere numeroso) «ci porterebbe ben oltre la soglia dei 2,5 migranti ogni 1000 abitanti suggerita dall’accordo tra Anci e Ministero dell’Interno».
Il primo cittadino prosegue evidenziando che «non sarò il sindaco che si mette di traverso, ma comunque mi piacerebbe capire se la politica di accoglienza del Prefetto, rispetto a quanto illustrato 3 anni fa, sia cambiata. Perché l’accoglienza funzioni bisogna governarla: serve che sia diffusa, che ci sia ridistribuzione sul territorio».