Semplice: riprendersi quello che si è perso. Cioè la matrice profonda del mondo del design, la culla in cui tutto è nato: l’Isia, l’Istituto superiore per le industrie artistiche alla Villa reale di Monza. Proprio quello che ha chiuso i battenti nel 1943 dopo essere stato aperto, primo in Italia, nel 1922 e avere visto passare nei suoi corridoi alcuni dei più grandi artisti di quegli anni.
Il progetto è già qualcosa di più di un’ipotesi: è un’intenzione pianificata del liceo artistico Valentini che si prepara a cercare partner finanziari per restituire l’Isia alla città e creare di fatto la seconda università monzese dopo la facoltà di medicina della Bicocca, al San Gerardo. «Stiamo preparando proprio in questi giorni una relazione da presentare agli enti che potrebbero sostenere il progetto» spiega il dirigente dell’ex Isa, Guido Soroldoni. «Sono convinto che l’interesse ci sia» aggiunge senza nascondere il problema fondamentale: gli spazi («perché siamo pieni come un uovo, ma è vero che esistono in città luoghi che sono sottoutilizzati»). Un sogno? Forse, ma non troppo, chiosa il dirigente, se ci sarà convergenza di intenzioni da parte della sfera politica, cittadina e non solo, e di qualche altra realtà. Gli occhi sono puntati sulla Camera di commercio: l’Isia di Pescara, nata come succursale di quella di Roma e sostenuta dalla Camera di commercio locale prima di diventare autonoma.
Lo ricorda Anty Pansera, ex docente dell’Isa, storica dell’arte e in particolare del design, presidente per sei anni dell’Isia di Faenza. «Ed è Faenza che potrebbe aiutare Monza» annota: «Giovanna Cassese che mi è succeduta è d’accordo. È una dirigente capace, ex commissario dell’accademia di Bella arti di L’Aquila. A lei basta l’ok del consiglio di amministrazione di Faenza, poi Monza potrebbe iniziare come sua succursale».
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«La nostra osservazione è semplice – conclude Soroldoni – Viviamo a fianco di una città di 4 milioni di abitanti che si mobilita per il Salone del mobile e dimostra che è un settore ancora molto importante. E che di certo ha bisogno di formazione specifica di livello superiore. Noi possiamo farlo. Anche dall’anno prossimo.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale l’esperienza dell’Isia monzese si era già esaurita e niente lasciava intendere che un Istituto superiore per le industrie artistiche potesse rinascere.
E invece non è stato così. Almeno altrove. Tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta era ormai compromessa l’esistenza dei Csdi, i Corsi superiori di disegno industriale e comunicazione visiva che erano stati voluti da Giulio Carlo Argan, a partire da Roma. I problemi riguardavano anche e soprattutto la natura giuridica dei Csdi. «Poi qualcuno si accorse che la legge Gentile non era stata abrogata del tutto – ricorda la storica dell’arte Anty Pansera – e che era sopravvissuto un corollario. Quello che legittimava l’esistenza dell’Isia, che non era stato abrogato. E fu la salvezza».
Finito il decennio dei Csdi, nati nel 1961 e proseguiti fino a esaurimento dei corsi già iniziati nel 1973, fu il momento dell’Isia. Anzi, degli Isia: nel corso degli anni Roma, Urbino, Firenze, Faenza e quindi Pescara, nato inizialmente come succursale di quello capitolino per poi diventare indipendente. Di fatto sono tutti figli di quello di Monza, a trent’anni di distanza dalla chiusura di quello brianzolo: “Un acronimo posto in un comma dimenticato della legge Gentile del 1923 – ricorda l’Istituto di Pescara – e finalizzato alla formazione del personale tecnico-artistico per l’allora nascente produzione industriale seriale del primo dopoguerra”.
«A Monza è rinato soltanto l’Isa – prosegue Pansera – nel corso del 1967. Senza livello universitario. Probabilmente per scelte politiche locali. Però a cinquant’anni di distanza sembra che i politici siano più disponibili e attenti a quella realtà. E forse vorranno sostenere il progetto Isia».
Gli Isia oggi sono corsi universitari esattamente come i conservatori musicali e le accademie di Belle arti, oltre all’accademia di teatro di Roma. «Fanno capo all’Afam, la sezione del ministero dell’università» che raccoglie gli enti di Alta formazione artistica, musicale e coreutica. Tre anni per la laurea e altri due per la magistrale, solo professori a contratto scelti per meriti e non solo titoli, corsi riservati a una ventina di studenti all’anno.
«In questi anni abbiamo fatto molto e avevamo stabilito tre obiettivi – ricorda Guido Soroldoni, dirigente del liceo Valentini di via Boccaccio – Prima il liceo serale (una realtà unica in Lombardia, ndr) che è stato realizzato, quindi i corsi dedicati alla formazione professionale. Ora è il tempo di fare un passo più in là e creare un corso di studi di livello superiore».
«D’altra parte l’ex Isa ha ormai dimostrato di avere le scarpe buone per camminare – è la sintesi di Anty Pansera – Si può benissimo pensare di avere un cappello o un foulard».