«Io voglio difendermi». Forse un po’ provata nel fisico, dopo la dura esperienza del carcere a San Vittore, ma ancora fedele alla sua immagine di imprenditrice combattiva, Maria Paola Canegrati, la monzese che faceva razzia di appalti, grazie ai suoi appoggi politici, secondo quanto contestato dalla procura di Monza nell’ambito dell’inchiesta denominata “Smile”. Quella frase riferita al suo avvocato prima dell’inizio del processo che la vede imputata a Monza assieme ad altre 4 persone, sull’intenzione di difendersi dalle accuse, forse allontana definitivamente l’ipotesi del patteggiamento, proposto in fase preliminare, ma respinto dal gup perché ritenuto “non congruo”.
Una via quella della pena concordata, che Lady Sorriso, potrebbe forse provare a percorrere nuovamente. Per il momento, il suo legale, l’avvocato Michele Saponara, ha sollevato un’eccezione di incompetenza territoriale, sulla quale il pm Manuela Massenz replicherà il 20 ottobre. La Canegrati, oggi è agli arresti domiciliari nella sua casa di Monza, dopo aver trascorso 6 mesi nel carcere milanese. L’accusa che le viene mossa è di aver fatto incetta di contratti pubblici grazie al suo rapporto privilegiato con l’autore della riforma regionale della Sanità, l’ex consigliere leghista del Pirellone Fabio Rizzi, e il suo portaborse Mario Longo. Questi ultimi hanno già patteggiato la pena a due anni e mezzo (col pagamento della somma di 70mila e 180mila euro), dopo un iniziale accordo a 2 anni.
Secondo le indagini condotte dai carabinieri del comando provinciale di via Moscova, coordinati nelle indagini dal pm brianzolo Manuela Massenz, il trio Canegrati-Rizzi-Longo poteva contare sulla figura del faccendiere milanese con residenza a Miami Stefano Lorusso (per lui, sentenza ad un anno e 9 mesi) per riciclare all’estero i proventi delle attività illecite. Il sistema, per gli inquirenti, “sarebbe stato basato su amicizie e rapporti illeciti, con il forte sostegno della politica dall’esterno”.