Un’altra tappa del processo a carico di Tiziana Morandi (alias la “Mantide della Brianza”), la 48enne di Roncello, accusata di una ventina di reati, ai danni di una decina di uomini tra i 27 e gli 84 anni, fra cui violazione della legge sugli stupefacenti per rendere le sue vittime incapaci di intendere e di volere, di rapina, di lesioni, di utilizzo indebito di carte di credito.
La donna tornerà in aula mercoledì 11 ottobre con una novità: il suo legale, l’avvocata Alessia Pontenani, ha deciso di rimettere il suo mandato sembra a seguito di un’accesa discussione che avrebbe avuto con la sua assistita. A seguito di tutto ciò quindi, non è escluso che il nuovo difensore, di fiducia o d’ufficio, potrebbe chiedere un rinvio, così come da consuetudine quando un avvocato subentra in un processo penale di una certa importanza.
La Mantide di Roncello e il processo in corso
A costituirsi parte civile solo un 28enne di Trezzo sull’Adda. “Deve avermi drogato, sono uscito di strada con l’auto e sono finito in ospedale, ma non ricordo niente”, sostiene il giovane che aveva presentato una denuncia. La donna era arrestata a luglio e ancora oggi si trova detenuta nel carcere di Monza. Ed è proprio per la sua detenzione che il suo legale aveva presentato la richiesta di una perizia psichiatrica (alla quale si erano però opposti i pubblici ministeri Carlo Cinque e Giovanni Santini della Procura di Monza e l’unica parte civile), una detenzione che, aveva dichiarato, le avrebbe procurato una continua encefalite che la faceva impazzire. Richiesta che però il giudice Tenchio non ha ritenuto di dovere accettare.
Secondo l’accusa il suo canovaccio era ormai ben collaudato. Conoscenza delle sue vittime tramite social, messaggi per carpirne la fiducia, un invito a casa sua, a Roncello, e qui l’epilogo di quel canovaccio; somministrazione di una bevanda “corretta” con farmaci a base di benzodiazepina, un potente ansiolitico che induce al sonno profondo e poi, quella che è stata soprannominata la “mantide della Brianza” scriveva l’ultima parte del suo realissimo sceneggiato: appropriazione degli oggetti d’oro che trovava addosso alle sue vittime, denaro contante che trovava nei loro portafogli e, in caso di “scarsa liquidità” del malcapitato, si impossessava della carta di credito e faceva un salto veloce presso il bancomat dell’istituto bancario a due passi dalla sua abitazione