Deve essere stato il rigetto della richiesta di una misura alternativa al carcere che deve aver gettato Jordan Jeffrey Baby nello sconforto più assoluto, tanto che mercoledì 25 gennaio, ha tentato il suicidio nel carcere di Pavia, dove è detenuto.
Il trapper Jordan Tinti e il rigetto dei domiciliari
Nell’udienza presieduta dal Gup Angela Colella, del tribunale di Monza, l’avvocato Pisani per Jordan, aveva in effetti chiesto la misura alternativa degli arresti domiciliari, al posto della detenzione in carcere. Ma il giudice ha rigettato la richiesta di revoca della detenzione. Tuttavia il difensore di Jordan non vuole arrendersi ed ha già presentato ricorso al Tribunale del Riesame di Milano. L’udienza è stata fissata il 3 febbraio, mentre il rinvio del processo è stato calendarizzato per il 19 aprile.
Il trapper Jordan Tinti e l’aggressione in stazione
Nella valutazione del magistrato ha probabilmente pesato il comportamento, molto aggressivo che i due trapper, Jordan Tinti, e Gianmarco Fagà avevano tenuto durante l’aggressione, lo scorso 10 agosto, al nigeriano Iyaogeh Francis Aliu. E in particolar modo quelle loro grida razziste nel corso di quella aggressione, consumata presso la stazione ferroviaria di Carnate, “vogliamo ammazzarti perché sei nero” che, oltre all’imputazione di rapina aggravata dall’uso di armi e porto di oggetti atti ad offendere, hanno fatto loro “guadagnare” anche il reato di discriminazione razziale. Insomma una situazione, per Jordan Tinti, che forse, oggi, l’ha portato ad una profonda riflessione e che, sotto il peso della sua condizione, non è escluso che si sia lasciato trascinare verso quell’estremo gesto che, per fortuna, è stato scongiurato in tempo.