Pallino irremovibile sul calendario, evento cantato (dai monzesi Bluvertigo), ricordato, esaltato come un momento difficile che ha generato complicità e solidarietà. La mitica nevicata del gennaio 1985 in questi giorni compie 35 anni. Tra il 13 e il 17 gennaio Monza, la Brianza, Milano e tutto il nord e gran parte dell’Italia si ritrovarono ricoperte di neve. Tanta neve come da queste parti non se ne è più vista. E il ricordo rimane indelebile, anche per il silenzio surreale.
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Insomma, chi c’era non potrà mai dimenticarsene. Chi non l’ha vissuta ne ha sicuramente sentito parlare. Tre giorni di neve caduta incessantemente anche in città. L’inizio fu proprio il 13 gennaio. Un giorno freddo, in cui il termometro scese oltre 10 gradi sotto lo zero. La sera dovettero chiudere per il maltempo gli aeroporti di Malpensa e Linate. Il giorno dopo tutta la Lombardia si risvegliò con oltre 30 centimetri già caduti: e non era ancora finita. Scuole chiuse, uffici con metà dei dipendenti e l’altra metà bloccata in viaggio. Non mancarono i danni provocati dalla perturbazione: tetti sfondati, incidenti, cadute. A Milano crollarono i tetti del Palazzetto dello sport e del Vigorelli. Anche a Monza arrivò l’esercito per spalare la neve dalle strade. Un’emergenza vera e propria. Ma, per chi l’ha vissuta da bambino, un grande divertimento. Oggi il cielo è diverso, il clima anche. Complici i cambiamenti del clima a livello globale.
Riproponiamo un articolo pubblicato sull’inserto di ottobre dedicato ai 120 anni del Cittadino di Monza e Brianza, la cronaca riletta attraverso le pagine del giornale: le grandi imprese del decennio 1980-89.
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Gennaio 1985. Un mese e un anno che in pochi, donne e uomini maturi, dimenticano facilmente. Giorni di freddo intenso anticipano una delle più copiose nevicate degli ultimi tempi, la più copiosa del Novecento. Correnti provenienti dall’Islanda e dalla Groenlandia fanno scendere le temperature a livelli record. In Valtellina si registrano -20 gradi. Giovedì 10, le previsioni sono per un rialzo di alcuni gradi nei giorni seguenti: forte è la preoccupazione per una perturbazione atlantica in arrivo e per le copiose nevicate che ne sarebbero seguite. Ancora più grande il timore di un successivo ritorno ai valori minimi, che avrebbe trasformato le strade in pericolosissime lastre di ghiaccio.
Quando esce la nuova edizione de il Cittadino le nostre città erano già state ricoperte da una fitta coltre di neve, caduta instancabilmente per quasi tre giorni consecutivi: un avvenimento record per tutta la Pianura Padana. Dai sessanta agli ottanta centimetri di neve si erano depositati sui crostoni di ghiaccio che il grande gelo dei giorni precedenti aveva disseminato qua e là: un problema di difficile gestione per una città come Monza non preparate a simili emergenze. Il fitto turbinio di neve aveva infatti spiazzato tutti, amministrazione comunale in primis, che a detta dei cittadini che si trovavano a vivere questa rara esperienza non aveva preso le opportune misure preventive. Nonostante le previsioni meteo annunciassero il peggio, gli uffici tecnici non erano infatti riusciti ad ottenere dalle aziende appaltatrici la disponibilità di un numero adeguato di mezzi spazza neve e, a nevicata avvenuta, non avevano accolto la proposta delle circoscrizioni di assumere il coordinamento di alcune operazioni di sgombero.
La cronaca non può che rimarcare quindi i disagi dei “monzesi in trincea”, costretti a spostarsi tra stretti passaggi e alti muri bianchi, venutisi a creare a seguito del lavoro instancabile dei militari di stanza a Monza e dei vigili del fuoco. I cumuli di neve però invadevano i marciapiedi, rendendo la vita molto difficile a chi era comunque obbligato a muoversi e, come mostra la foto pubblicata in quei giorni di una signora carica di borse che si destreggia in mezzo alla neve, anche fare la spesa diventava un’avventura.
Molte le cadute e molte le persone che avevano dovuto rivolgersi al pronto soccorso. Anche arrivare in ambulanza in ospedale diventa in quei giorni un problema: la lettera aperta di un cittadino che lamenta l’abbandono delle periferie ci racconta di ambulanze costrette a fermarsi a 300 metri dal pronto soccorso e di barellieri che proseguono a piedi con il malato in lettiga.
Sotto il peso delle neve crollano anche tetti a capannoni.
I commenti dei cronisti di quei giorni sono pertanto tranchant: “La sconfitta del Comune… Sorpresa ed impreparazione… Esaurite le scorte di sale”. Esce anche la notizia dell’impennata dei prezzi all’ortomercato dovuta alla scarsità delle verdure di stagione: la spessa coltre di neve e ghiaccio depositatasi nelle campagne aveva infatti impedito la raccolta dei prodotti. Il rischio paventato era che tale situazione si prolungasse per qualche mese. Tutto era andato infatti distrutto.
Nel caos di quei giorni, la speranza di tutti era quindi il ritorno a una seppur rallentata normalità.
Un inserto, gradevolmente decorato con cristalli di neve, illustrato con immagini di grande effetto, dà invece conto di quanto accaduto all’indomani della grande nevicata, mettendo in luce il lato divertente della situazione. Racconta di un parco “bianco e silenzioso come non lo era mai stato”, di grandi e piccini che avevano trovato modo di rilassarsi e divertirsi: bambini che, dopo aver portato cibo agli amici cervi, facevano gare con lo slittino e grandi che cavalcavano in un paesaggio da favola o affrontavano lievi discese con gli sci.
La neve in città, lo si sa, crea disagi, e in quel gennaio 1985 i disagi erano stati tanti, tantissimi, ma fa tornare tutti bambini e porta anche una grande allegria! Marina Rosa