Nel 2010, in occasione dell’anniversario numero 110 del regicidio, il Cittadino intervistò Vittorio Emanuele di Savoia. Inevitabile la domanda su Monza che, allora non aveva ancora visto riaprire la Villa reale (succederà nel 2014 e questa è tutta un’altra storia) ed era stata meta di “visite private” da parte dell’erede della casa reale. Vittorio Emanuele di Savoia visse in esilio fino a marzo 2003, quando potè rientrare in Italia per la cancellazione della disposizione che vietava il rientro dei discendenti maschi della casata.
Vittorio Emanuele di Savoia, nel 2010 l’intervista al Cittadino: Monza e la storia di Casa Savoia
«Monza è segnata dalla storia di Casa Savoia ed anche la Cappella espiatoria è il simbolo visibile del sacrificio di Umberto I – disse – Il regicidio è stato un tragico accadimento per la Nazione. Con questo delitto, anche l’Italia, dopo altri Paesi, veniva colpita nel cuore delle istituzioni, con l’assassinio del capo dello Stato. Se il cordoglio fu unanime e trasversale a tutte le forze politiche, la scomparsa, così tragica ed improvvisa del re fu particolarmente dolorosa per la mia Casa. La mia bisnonna, la regina Margherita, si chiuse in un lutto durato venticinque anni ed anche i miei nonni, il re Vittorio Emanuele III e la regina Elena faticarono a rendersi conto di quanto era accaduto. Ma tutto questo faceva parte del ‘mestiere di re’, per usare un’espressione particolarmente gradita a mio padre, Umberto II, che durante gli anni d’esilio mi parlò a lungo del regicidio e di quanto egli apprese in famiglia su quella tragica notte».