Monza, i 110 anni dal regicidioe Vittorio Emanuele di Savoia

Monza, i 110 anni dal regicidioe Vittorio Emanuele di Savoia

Monza – Centodieci anni fa moriva a Monza, per mano dell’anarchico Gaetano Bresci, Umberto I. Come ricorda oggi, e com’è stato vissuto in passato dalla sua famiglia, quanto accaduto?
«Il regicidio è stato un tragico accadimento per la Nazione. Con questo delitto, anche l’Italia, dopo altri Paesi, veniva colpita nel cuore delle istituzioni, con l’assassinio del capo dello Stato. Se il cordoglio fu unanime e trasversale a tutte le forze politiche, la scomparsa, così tragica ed improvvisa del re fu particolarmente dolorosa per la mia Casa. La mia bisnonna, la regina Margherita, si chiuse in un lutto durato venticinque anni ed anche i miei nonni, il re Vittorio Emanuele III e la regina Elena faticarono a rendersi conto di quanto era accaduto. Ma tutto questo faceva parte del ‘mestiere di re’, per usare un’espressione particolarmente gradita a mio padre, Umberto II, che durante gli anni d’esilio mi parlò a lungo del regicidio e di quanto egli apprese in famiglia su quella tragica notte. Credo che al di là di ogni retorica, il sacrificio della propria vita nell’adempimento del proprio dovere, sia una grande lezione morale ».
Cosa resta, oggi, del regicidio? E’ ormai un evento consegnato alla storia oppure la commemorazione che si tiene ogni anno a Monza dovrebbe rappresentare una cerimonia non più riservata ai cosiddetti nostalgici?
«Monza è segnata dalla storia di Casa Savoia ed anche la Cappella espiatoria è il simbolo visibile del sacrificio di Umberto I. Credo che la commemorazione annuale dell’unico capo di Stato italiano costituzionale ucciso da un terrorista, abbia ancora molto da dire agli italiani. Sorge spontaneo il paragone con il presidente Kennedy, ucciso a Dallas nel 1963. Non credo che l’annuale commemorazione americana sia un evento museale. La commemorazione di re Umberto è doverosa, moralmente, civilmente e non sbiadisce con il tempo. Invito i cittadini monzesi a partecipare ogni anno numerosi».
Crede che se non ci fosse stato l’assassinio del suo avo, la storia per casa Savoia e per l’Italia, sarebbe potuta andare diversamente?
«La storia è fatta, nel suo scorrere, di improvvisi accadimenti, che talvolta ci lasciano attoniti. Ma è tale proprio perché è frutto di casualità: non si può fare con i ‘se’. Credo che comunque la politica di Umberto I sarebbe proseguita per l’Italia nella direzione di un rafforzamento del ruolo di potenza europea, tendenza che ebbe già modo di manifestarsi durante il periodo umbertino, al passo con lo sviluppo tecnologico ed industriale, portatrice di grande benessere».
E’ mai stato a Monza? Ha mai visto la cappella espiatoria e la Villa reale? Se no, ha in animo di effettuare una visita in città?
«Ho visitato Monza ed i suoi meravigliosi monumenti, tra cui il Duomo, dove è conservata la Corona ferrea, privatamente, e la Cappella espiatoria. La Villa reale, ahimé, non ho potuto visitarla perché chiusa ormai da anni: un vero peccato per tutti gli italiani. Nel 2008, mio figlio Emanuele Filiberto ha partecipato alla commemorazione del regicidio: conto anch’io di presenziare prossimamente».
Suo figlio, Emanuele Filiberto, in occasione della partecipazione al ricordo del regicidio nel 2008, auspicò una riqualificazione e una nuova vita pubblica per tutte le ex regge di casa Savoia. Partendo proprio dalla Villa reale di Monza, abbandonata da tempo. Ora il Comune ha in animo di concedere gran parte della villa a un privato, in cambio di un canone annuo di trentamila euro. Altri esempi, invece, sono più virtuosi: basti pensare alla reggia di Venaria o a Racconigi. Cosa si aspetta o cosa auspica per la Villa reale di Monza?
«Non posso che confermare l’opinione di mio figlio, con la quale sono assolutamente d’accordo. La Villa reale è un patrimonio che andrebbe aperto a tutti gli italiani: anche in esso alberga l’amore di casa Savoia per questo Paese. Ciò che è stato fatto a Venaria reale è stato meraviglioso e deve essere un esempio in questo senso anche per Monza. Pur capendo le difficoltà economiche delle amministrazioni locali, faccio presente che riqualificare un’area così significativa porterebbe, oltre che lustro al nome della città, turismo e benessere ».
L’anno prossimo l’Italia festeggerà i 150 anni dall’Unità. Un’Unità che ha avuto un momento di svolta propri nel luglio del 1900. Cosa significano per lei, e per la sua famiglia, le celebrazioni che si terranno l’anno prossimo e che investiranno anche Monza?
«Il 150° anniversario dell’Unità d’Italia è motivo di grande gioia anche per casa Savoia. Desidero più che mai che l’Italia di oggi si stringa attorno alle proprie radici ed ai simboli della propria unità. Ho fortemente voluto la realizzazione della mostra “Casa Savoia e l’Unità d’Italia” (che attualmente si trova a Milano, presso lo Spazio Oberdan, N.d.R.), proprio per far conoscere la storia della mia famiglia non solo come Istituzione, ma come famiglia italiana, protagonista ed allo stesso tempo testimone delle vicende patrie. Come diceva Renan, la Nazione moderna si fonda sul plebiscito di ogni giorno, una volontà di restare insieme. La forza dell’Italia è dunque l’amore per la propria cultura e le proprie radici. E’ proprio così».
Casa Savoia ha voluto e caratterizzato i primi 80 anni dell’Italia unita. Crede che i Savoia dovrebbero partecipare a qualche manifestazione in ricordo del centocinquantesimo? Magari proprio a Monza?
«Partecipare alle cerimonie per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia è un mio grande desiderio proprio perché la mia famiglia è stata motore e testimone degli eventi, tragici e gloriosi, della nostra vita nazionale. Ci sono tanti luoghi dove vorrei recarmi: Torino, Roma, Milano, Napoli, Redipuglia, Trieste… Monza è certamente tra questi. Anzi, ha un posto speciale».
Davide Perego