All’anagrafe è Mamadou Diouf ma tutti, al bar di via Moneta a Besana in Brianza dove è di casa, lo chiamano Eto’O, come il famoso calciatore. Nato quarantacinque anni fa in Senegal, è in Italia da diciassette anni. Vive a Besana e a Dakar, dove ha lasciato la moglie e i sette figli «per cercare una vita migliore», torna una volta all’anno.
Da mesi Eto’O sta cercando un appartamento più vicino alla vetreria in cui lavora. Ma non ci riesce. «Ogni volta che l’agenzia me ne fa vedere uno – spiega – poi finisce sempre in niente. L’alloggio in cui abito è troppo piccolo, non posso continuare a stare lì. Io non trovo casa, e qui in via Moneta ci sono extracomunitari come me che hanno la casa gratis. Loro sì, io no. Non è giusto», dice il senegalese indicando il maxicomplesso che ospita quarantasette dei cinquantuno richiedenti asilo che vivono in città.
«Non siamo razzisti – dicono i condomini, promotori di una discussa petizione “no profughi” nelle scorse settimane – ma qualcuno ci spieghi perché Eto’O, che è in Italia da anni, è una persona per bene e un gran lavoratore, non può avere la casa che è disposto a pagare e altri immigrati come lui hanno vitto e alloggio gratis, in appartamenti come i nostri, dove fanno quello che vogliono?».