La cadenza è quella dell’endecasillabo, il verso che non si fa mai fatica a spingere più in là della sua fine naturale perché al di là dell’accento in decima promette sempre qualcos’altro oltre le colonne d’Ercole del suo confine naturale. Ma non è quello del Dante più lirico, di Petrarca, che scorre via scivolando a capo dietro a capo, un enjambement dopo l’altro come un battito di ciglia.
Le ottave di Ludovico Ariosto hanno bisogno di orecchio, perché a quello era destinato: alla narrazione orale che pesca nelle tradizioni e diventa nuovo mito, quello di Orlando, per esempio, delle “dame, i cavalier, l’arme e gli amori” che la nuova epica voleva regalare al suo presente.
Stefano Accorsi si muove da lì e ne fa spettacolo, quello che arriva domenica 13 gennaio alle 21 al teatro Manzoni in una sola replica: “Giocando con Orlando – Assolo”, un testo adattato per l’attore da Marco Baliani che propone “tracce, memorie, letture” da quel Furioso che ha fatto la storia della letteratura italiana.
“Reduce da una felicissima stagione di successi cinematografici che gli sono valsi lo scorso anno David di Donatello, Nastro d’Argento, premio Gian Maria Volonté e Premio Fice come attore dell’anno, Stefano Accorsi torna al Manzoni di Monza con un monologo tratto dal più celebre poema epico del Rinascimento” segnala il Manzoni presentando lo spettacolo di domenica. Una pièce che nasce dalle scelte del regista Baliani e affida al bolognese 48enne il ruolo di un interprete della classicità “con passo volatile e leggero”, come scrive lo stesso regista nelle sue note.
“Dicono che a narrare storie il mondo diventi assai meno terribile, e per tal compito, in questi tempi amari dove a parlare sembra essere solo la realtà, ci siam messi all’opera, con passo volatile e leggero, ma per toccare sostanze alte e un sentire sincero” ha scritto per spiegare come trasferire l’Orlando su un palco “è impresa degna di cavalieri erranti, anzi narranti”.
L’attore diventato celebre con ruoli generazionali (Jack Frusciante è uscito dal gruppo, Vesna va veloce, La mia generazione, restando nel solo 1996, e poi Radiofreccia che gli è valso il primo David di Donatello e L’ultimo bacio) sale in sella alle pagine che cavalcano “il tema oneroso dell’amore e delle sue declinazioni, amore perso sfortunato vincente doloroso sofferente sacrificale gioioso e di certo anche furioso”.
E allora fughe nel monologo, narrazione, una appendice diretta di digressioni in cui quelle rime in ottave di endecasillabi a rime incrociate e baciate diventano lo spartito in cui incollare la storia di un medioevo immaginato e fantastico in cui ritrovare eroi che siano davvero tali.
I biglietti sono in vendita al botteghino di via Manzoni e online su teatromanzonimonza.it. Informazioni al numero 039 386500 e info@teatromanzonimonza.it. Biglietti in platea a 29 e 27 euro, in balconata a 26 e 24 euro, in galleria a 16 e 14 euro.