Un teatro San Rocco di Seregno ancora una volta gremito, come già era accaduto per la serata con protagonista Federico Zampaglione alla fine di novembre, ha accolto martedì 10 gennaio il momento conclusivo del programma della seconda edizione de “Il Circolo delle 12 Lune”, manifestazione promossa dal Comune di Seregno. Protagonista dell’appuntamento è stato Niccolò Fabi, cantautore romano, uno dei volti oggi più conosciuti del panorama musicale italiano, che si è raccontato al pubblico, rispondendo alle domande del critico di settore Michele Monina. L’incipit è stata la recente uscita di “Meno per meno”, l’ultimo album di Fabi, che contiene una canzone inedita, dal titolo “Andare oltre”, il cui video inquadra per qualche secondo anche palazzo Landriani-Caponaghi, sede di rappresentanza comunale, che si affaccia su piazza Libertà. «La sottrazione è un’operazione che stimo come compagna di viaggio -ha spiegato Fabi-: da una certa età in poi, è saggio sottrarre, anche in un’epoca come questa, in cui l’accumulo dei beni è considerato un valore».
Niccolò Fabi: i suoi 25 anni di attività
L’artista è tornato quindi sul concerto celebrativo dei suoi 25 anni di attività, ospitato in autunno dall’Arena di Verona, caratterizzato dall’apporto dell’Orchestra Notturna Clandestina di Enrico Melozzi: «Ho sempre avuto paura che le orchestre potessero rendere mielosa la mia indole sentimentale. Per questo, me ne sono tenuto alla larga. Anche il concerto per il venticinquesimo, inizialmente, pensavo di interpretarlo da solo. Ho scelto l’arena perché è un luogo significativo, in grado di accogliere tanti: lì, tra l’altro, ho vissuto momenti importanti, con le esibizioni di Sting e Peter Gabriel. Poi, poco alla volta, mi sono aperto ad una parte orchestrale della serata, dopo un’ora e mezza mia come solista». Fabi è inoltre tornato alle origini: «Sono nato a Roma, in una famiglia molto facoltosa. La mamma possedeva addirittura castelli in Toscana. Non ho mai avuto quindi l’input di emergere per sconfiggere la fame. Anzi, da giovane avevo un po’ l’esigenza di scomparire e sfuggire alla visibilità, per via della massa di capelli rossi e dell’essere figlio di qualcuno. Al primo disco sono arrivato in età adulta. Conteneva brani ancora molto conosciuti, come “Dica” e “Capelli”. “Dica” è un pezzo costruito in laboratorio, mentre “Capelli” lo sento molto più mio. Non tutte le mie esperienze entrano in una canzone: in genere, lo fanno solo quelle che segnano un passaggio da un frangente all’altro dell’esistenza. Seguo tuttavia la regola di non scrivere qualcosa unicamente perché riguarda me».