Poi quel giorno Francis Bacon vide una mostra alla galleria parigina di Paul Rosenberg: erano i tardi anni Venti e nulla, per lui, sarebbe stato più lo stesso. Quelle che aveva davanti erano le tele della serie dedicata alle spiagge di Dinard, in Bretagna.
“Le rappresentazioni di Picasso dei corpi come strutture biomorfiche simili a ossa rivelò a Bacon le possibilità della pittura” ricordava la Tate Britain londinese otto anni fa, dedicando una sala intera al rapporto tra i due artisti nella mostra che affrontava l’influenza dello spagnolo nel Regno unito. Il filo deciso ed esplicito che lega Picasso a Bacon è stato analizzato anche dal Museo Picasso di Malaga tre anni fa e nello stesso periodo anche dal Guggenheim di Bilbao, che nel 2017 ha proposto al pubblico “Francis Bacon: From Picasso to Velázquez”, raccogliendo nei padiglioni un’ottantina di lavori: insomma, il legame tra le loro poetiche e soprattutto la centralità picassiana nella tavolozza baconiana era e resta oggetto di analisi da parte degli storici dell’arte. Ora è la volta di Monza che si prepara ad ospitare all’Orangerie della Reggia le opere di due protagonisti assoluti del Novecento in un progetto realizzato dal Consorzio monzese grazie a collezioni private.
La presentazione è in programma alla metà di febbraio e l’apertura al pubblico verso la fine dello stesso mese per poi occupare le sale del Serrone fino all’estate.
«Una mostra importante e per noi l’occasione di proseguire il discorso sui grandi maestri iniziato lo scorso anno con Andy Warhol» ha detto nei giorni scorsi il direttore della Reggia, Piero Addis, anticipando l’iniziativa: «Stiamo definendo gli ultimi dettagli, ma possiamo dire che ci saranno tra l’altro i bozzetti di Guernica», l’opera di Picasso oggi conservata al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid, quella tela realizzata a Parigi nel 1937 e che fece dire all’artista, in risposta a uno sprezzante graduato nazista che gli chiedeva se l’avesse fatta lui, “no, siete voi che l’avete fatto”.
Quel Picasso Francis Bacon avrebbe continuato a frequentarlo anche dopo il coup de foudre dei tardi Venti, rimanendo per lui un punto di riferimento fondamentale: il passaggio dall’interior design all’arte avvenne per il pittore irlandese a partire da primi anni Trenta, fissando la data nel 1933. Un ritratto tagliente e spudorato di lui lo ha tracciato Desmond Morris nel volume “Le vite dei surrealisti”, pubblicato in Italia nel 2018 dall’editore Johan&Levi.
In attesa dei dettagli sui contenuti della mostra, il Consorzio sta in realtà già lavorando a un altro progetto importante: Van Gogh. Ma qui le informazioni sono ancora più diluite e per ora non si sa molto più del protagonista della mostra ancora in fase di studio.
L’obiettivo della Reggia è replicare il successo avuto lo scorso anno con Warhol: una mostra apprezzata – anche quella volta realizzata grazie a collezioni private – capace di portare a Monza 3.200 visitatori nei primi quindici giorni di apertura e di superare i 10mila poco oltre il primo mese, al punto di spingere gli organizzatori a prorogare l’esposizione.