Una breve stagione dirompente, soprattutto nell’area milanese: dopo, niente più è stato come prima. Perché anche in Italia era arrivato l’Illuminismo e le radici dei diritti civili e sociali avevano iniziato a trovare casa e il Terrore, che avrebbe spazzato via quella stagione sopra le Alpi, era ancora lontano.
Protagonisti, tra gli altri, i fratelli Verri con la rivista “Il Caffè”, pubblicata da giugno 1774 a maggio 1766: sono passati 250 anni, un quarto di millennio, ed è Ornago, il piccolo Comune del Vimercatese, ad aprire una rassegna in omaggio a quel biennio.
La ragione è semplice: la cappella della famiglia Verri si trova nel cimitero del Comune, a fianco del santuario della Beata Vergine del Lazzaretto. E allora eccoli, due anni di appuntamenti – come i due anni di pubblicazione del Caffè – tra il 2014 e il 2016: i primi domenica 5 ottobre, quando sarà inaugurato il ciclo di incontri “Macchie di Caffè”. L’appuntamento è nella sala consiliare del municipio (via Santuario 2) quando alle 17.30 si parlerà di “Pietro Verri nel Gonfalone” con Omar Ottini e Pasqualino Puija ma, soprattutto, di “Pietro Verri giornalista di cronaca nera” a partire dalle 18 con Giovanni Biancardi, filologo, docente e studioso del Settecento milanese.
Dall’Accademia dei Trasformati che aveva frequentato ventenne incontrando Giuseppe Parini fino all’Accademia de Pugni fondata nel 1761: una trentina d’anni in cui il pensiero dell’illuminista italiano si era formato, passando dall’esercito imperiale e il soggiorno a Vienna. Sono queste le premesse per la costituzione del gruppo di intellettuali – di cui fanno parte anche il fratello Alessandro, Cesare Beccaria, Pietro Secchi – che danno vita al Caffè, intrecciando rapporti con gli enciclopedisti francesi e gettando le fondamenta del riformismo milanese.
Più tardi avrebbe incrociato Napoleone Bonaparte e avrebbe contribuito quasi settantenne alla fondazione della Repubblica Cisalpina, tra il 1796 e il 1797. Poi anche le repubbliche sarebbero diventati regni, come sa bene Monza, che ha dato casa (e che casa) al vicerè d’Italia Eugenio di Beauharnais, capace di lasciare un segno indelebile con la definizione della Villa reale e del parco che la circonda. Proprio il nome di Beauharnais, dopo le celebrazioni monzesi della scorsa primavera, torna ora sotto i riflettori grazie alla conclusione dei restauri per la statua di Napoleone, realizzata da Antonio Canova, che si trova nel cortile dell’accademia di Brera a Milano. Era stato Beauharnais a commissionare il bronzo nel 1807 – giusto dieci anni dopo la morte di Verri, per chi ama le ricorrenze.
In realtà la statua sarebbe stata pronta due anni dopo e avrebbe avuto un destino tortuoso. «A causa di un primo tentativo di fusione andato fallito – ricorda la stessa Brera – , la statua in bronzo è il risultato di una seconda fusione che i fonditori romani Francesco e Luigi Righetti, padre e figlio, eseguirono a partire dal modello che era già stato utilizzato per la versione marmorea della statua inviata dallo stesso Canova a Parigi nel 1811. Quest’ultima, acquistata dal Duca di Wellington, è ora esposta a Londra alla Aspley House. Non essendo ancora pronta la statua in bronzo, nel 1809, in occasione dell’inaugurazione della Pinacoteca di Brera, Beauharnais acquisì a Padova il calco in gesso».
Dopo la caduta di Napoleone il bronzo sarebbe rimasto nei depositi per molti anni, fino al ritorno dei francesi con Napoleone III. La definitiva sistemazione risale agli anni tra il 1859 e il 1864. Il restauro del capolavoro di Canova è iniziato un anno fa ed è stato reso possibile dal sostegno economico della Bank of America Merrill Lynch attraverso l’Art Conservation Project. «Il restauro, che ha coinvolto tre enti e più di quaranta ditte e professionisti, ha permesso di riportare al “suo antico splendore” il simbolo di Brera. La statua, infatti, non solo rappresenta una figura storica inestricabilmente legata alla vicenda della Pinacoteca -fu proprio Napoleone a istituire nel 1809 la Real Galleria di Brera (l’attuale Pinacoteca di Brera) -, ma soprattutto è l’espressione dei canoni eterni della bellezza dell’uomo secondo i principi classici canoviani». La storia del monumento a Napoleone e del restauro saranno presentate in un catalogo che verrà pubblicato da Skira Editore.