Non ci sarà in scena, questa volta, Corrado Accordino. Ha deciso “che voleva farlo fino in fondo in regia”, la sua nuova produzione. Quella che, a sentirlo parlare, aspettava da anni: portare in scena il romanzo distopico ma non troppo (oggi) di George Orwell, ”1984”. “Lo ho amato profondamente da sempre” racconta il regista, drammaturgo, attore, fondatore della Compagnia teatro Binario 7 di Monza, dove lo spettacolo sta per debuttare. “Semplicemente, è arrivato il momento di metterlo in scena: è un’urgenza”.
“Nel romanzo ci sono intuizioni folgoranti, terrificanti, quelle di un mondo controllato che fanno i conti con i tempi in cui viviamo, quelli di un pensiero massificato”. Per Accordino come per Orwell, non c’è un di qua e un di là: oltre gli steccati politici, il romanzo del 1949 (la pubblicazione, tre quarti di secolo) preconizzava un mondo datato quarant’anni fa che assomiglia molto di più a oggi. Un panorama sociale in cui tutto, volenti o no, finisce sotto il controllo di un sistema da cui è quasi impossibile – o forse impossibile e basta, suggerisce Orwell, sfuggire. Ma dove pure la ribellione resta un momento fondamentale. “E poi dentro c’è di più. La ribellione appunto – prosegue Accordino a pochi giorni dal debutto – anzi i micro-sistemi di ribellione: basta pensare al diario privato del protagonista, un diario, in cui scrive” quello che non potrebbe dire mai in pubblico. “Di fronte a una società voyeuristica” in cui il personale è sistematicamente non politico (come si diceva negli anni Settanta) ma semplicemente pubblico e volutamente tale – a partire dai social – “il gesto di ribellione è aprire e coltivare un diario privato, un luogo intimo e personale”.
Monza, Accordino porta in scena “1984” di Orwell: lo spettro della neolingua
Lo scivolo, anzi il piano inclinato, verso il “Grande fratello”, l’amico astratto e totale che in realtà è controllo sistematico sotto il quale ricade tutto, qualsiasi pensiero. E di conseguenza il nodo successivo: la lingua. Anzi la neolingua, cioè quella ufficiale, autorizzata, dove stemperano e svaniscono tutte le parole passibili di interpretazione, di dubbio, di sfumature, di astrazione persino. “Che si traduce nell’impoverimento della lingua – aggiunge Corrado Accordino, che sabato 2 marzo sarà con il cast al Libraccio di via Vittorio Emanuele a Monza – anzi nella distruzione del linguaggio: ma meno parole abbiamo, meno possiamo pensare, meno abbiamo la possibilità di articolare pensieri. Ed è esattamente da qui che parte il controllo sistematico. Ed è questo quello con cui dobbiamo fare anche noi i conti”.
“Quello di Orwell è un sistema-mondo malato: ma all’interno si trovano degli eroi. Che possono essere sconfitti, ma sono quelli che non accettano”. Un romanzo che la Compagnia teatro Binario 7 (assistente alla regia Valentina Paiano) porta in scena con cinque attori: Luigi Aquilino, Daniele Crasti, Daniele Ornatelli, Silvia Rubino e Alessia Vicardi. La variabile di scena, per uno spettacolo che rispetta l’impalcatura del romanzo, è il ricorso all’ironia, per cercare un linguaggio contemporaneo. Poi la storia è quella: di una sconfitta. Ma non si tratta di vincere: si tratta di deviare. Di farsi la domanda in più.