Quando Pietro Bagatti Valsecchi chiede a Eliseo Sala di dipingere per lui un quadro di ispirazione manzoniana, è il 1843. Il cavaliere è a sua volta pittore e minatore, ma per quell’opera si affida a uno dei maestri di Brera all’epoca.
Si accordano per la protagonista, Lucia Mondella, che il pittore raffigura alla maniera romantica scegliendo un fotogramma poco consueto rispetto al testo dei Promessi Sposi: la ragazza, la sua sperada immancabile in testa, è serena, affacciata alla finestra. È il titolo a spiegare perché, e il motivo è che tutto deve ancora accadere: “Lucia Mondella che guarda dalla finestra se ritorna il suo fidanzato nel giorno stabilito per le nozze”.
È una delle tante opere scelte per raccontare il “Romanticismo” nella mostra aperta alle Galleria d’Italia di piazza della Scala a Milano e il non lontano Museo Poldi Pezzoli. Un affresco corale di un’epoca che se ha prodotto i suoi migliori risultati a nord delle Alpi, ha comunque lasciato tracce profonde anche in Italia. D’altra parte è qui, sotto la catena montuosa, che i protagonisti del romanticismo europeo venivano a recuperare storia e arte del passato.
Quel passato che spesso si è intrecciato anche alla storia della Brianza. Lo dimostra anche la Lucia di Sala, commissionata dal miniaturista la cui famiglia avrebbe poi avuto dimore anche intorno a Monza (a Varedo, per esempio) a un artista che avrebbe poi vissuto i suoi ultimi giorni a Rancate di Triuggio, dove è morto il 24 giugno del 1879 al termine di una lunga carriera, soprattutto da ritrattista. Ma c’è anche Gaetano Motelli, scultore milanese che hè poi morto a Besana in Brianza nel 1858 (presente con “La sposa dei Sacri Cantici”, 1854) oppure Vincenzo Vela, che ha lasciato molti capolavori sul territorio incluso lo straordinario gruppo scultoreo di cappella Vela ad Arcore: suo tra gli altri il “Ritratto di Eugenia Bolognini (La Bolognina)”, del 1851, la futura duchessa Litta diventata amante di re Umberto I e vicina di casa della Reggia di Monza con la sua Villa Litta Bolognini di Vedano al Lambro.
Era stato il marito d’altra parte a commissionare ad Alessandro Puttinati nel 1845 il marmo “Paolo e Virginia” ispirato al romanzo di Jacques-Henri Bernardin de Saint-Pierre.
La mostra aperta fino al 17 marzo, a cura di Fernando Mazzocca, cerca di definire per la prima mostra “il contributo italiano al movimento che ha cambiato la sensibilità e l’immaginario del mondo occidentale nel corso della prima metà dell’Ottocento”.
Duecento opere selezionate per navigare nel dibattito culturale che ha coinvolto l’Inghilterra, la Francia e i Paesi del Nord, soprattutto la Germania e l’Impero austriaco, nel periodo tra il Congresso di Vienna alle rivoluzioni “che nel 1848 sconvolsero il vecchio continente”. “Di queste, 42 non sono mai state esposte prima d’ora – si legge nella presentazione – provengono per lo più da collezioni private e comprendono esemplari di Caffi, Hayez, Induno, Molteni; 14 opere inoltre non sono mai state viste in Italia e giungono dalle più importanti istituzioni museali estere.
Al Poldi Pezzoli anche Infine, alcuni costumi provenienti dalla Scala delle più famose opere ottocentesche (Nabucco, Anna Bolena – indossato da Maria Callas nel celebre allestimento di Luchino Visconti –, Lucia di Lammermoor) e un ricco apparato video, con spezzoni delle opere liriche e di film ispirati ad esse e/o al clima romantico in genere, racconteranno il successo culturale che è proseguito fino al Novecento.
La mostra è articolata in 21 sezioni: 16 alle Gallerie d’Italia (9.30 – 19.30, giovedì fino alle 22.30, lunedì chiuso) e 5 al Museo Poldi Pezzoli (10 – 18, giovedì fino alle 22.30, martedì chiuso). Il catalogo, pubblicato da Silvana Editoriale, contiene, insieme alle schede delle opere, saggi del curatore e di Virginia Bertone, Omar Cucciniello, Lavinia Galli, Sabine Grabner, Stefano Grandesso, Francesco Leone, Monica Tomiato, Luisa Martorelli, Susanna Zatti.