Che cosa augurarsi di più nel corso di un’indagine per omicidio se non avere al proprio fianco la Scientifica? È vero sempre ed era vero anche al tramonto del secolo scorso. Se ne accorge anche Pellegrino Artusi quando può contare sull’aiuto di un monzese che del positivismo, della ricerca e della scienza in senso lato era un punto di riferimento nazionale: il monzese Paolo Mantegazza, star della divulgazione dell’epoca, fisiologo, patologo, neurologo e molte altre “loghicità”.
Ad affiancare il padre di tutti gli chef-star di nuovo involontario investigatore c’è proprio lui, nel nuovo romanzo di Marco Malvaldi, lo scrittore toscano che giusto lo scorso anno è stato a Monza per presentare “La misura dell’uomo” al Libraccio. “Il borghese Pellegrino” (Sellerio, 288 pagine, 14 euro) è ambientato cinque anni dopo il precedente romanzo con un Artusi-Poirot, “Odore di chiuso” (2011, Sellerio). E questa volta la scena è l’antico castello acquistato da un possidente per trasformarlo in azienda agricola all’avanguardia. E allora l’invitato d’onore di Secondo Gazzolo e consorte non poteva che essere l’autore di “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, convocato insieme a un banchiere vorace di sostanze e di pietanze, due rappresentanti delle istituzioni finanziarie della Turchia, il trafficone ragionier Bonci con la figlia e, appunto, Paolo Mantegazza, figlio di Laura Solera. Era stato lui, pur più giovane di una decina di anni, ad avere lanciato nello star system dell’epoca (è il 1900 l’anno in cui svolgono i fatti), il gourmet di Forlimpopoli, presentando il suo libro come “uno di quelli che tutti avrebbero dovuto leggere” nelle sua frequentatissime conferenze pubbliche.
“Riunisce tutti non solo il fine conviviale, ma anche un affare in fieri – scrive l’editore – Sono infatti gli anni d’inizio secolo in cui la finanza europea si andava impadronendo del commercio internazionale del decadente Impero Ottomano. Accade che, tra un pranzo, un felpato attrito di opinioni e interessi, un colloquio discreto, viene trovato morto un ospite”.
Viene trovato morto in una camera chiusa, cioè uno dei grandi topos della letteratura polar, ma c’è qualcuno che si convince subito che non si tratta di una morte naturale, accidentale o di un suicidio. Quel soffocamento, spiega subito Mantegazza, è stato prodotto dalle mani di un uomo.
“Circostanze che non collimano, passaggi segreti, colombi viaggiatori, tresche clandestine, fanno entrare ed uscire dalla scena, o agire coralmente, i personaggi, con la vivacità di un teatro brillante”.