Mezzo millennio dalla nascita del genio, l’unico che ha attraversato il pianeta nelle forme in cui ha tradotto la sua capacità di interpretare il mondo, fosse arte, ingegneria, scienza o letteratura. Leonardo da Vinci: e se Vinci è un piccolo comune toscano che forse ha poco da raccontare, il resto dell’Italia e non solo portano ancora i segni del suo passaggio. Lo fa forse più di tutti la Lombardia, dove il genio toscano ha lavorato a lungo (e d’altra parte il suo allievo prediletto, il Salaino, l’aveva pescato a Oreno di Vimercate).
Il 2019 sarà l’anno dei cinquecento anni dalla morte di Leonardo e le celebrazioni sono già iniziate con la mostra “Leonardo da Vinci parade” inaugurata al Museo della scienza e della tecnologia di Milano, con la presentazione di 52 modelli storici leonareschi e affreschi di pittori coevi. Bene: ma il genio di Vinci ha frequentato a lungo anche le sponde della Brianza e non è un caso se esiste il sito addadileonardo.com per raccontare quello che è successo lungo il fiume.
“Leonardo ha vissuto per quasi vent’anni a stretto contatto con questo fiume, lasciando nei suoi scritti e nel territorio le tracce del suo passaggio – si legge – Si è appropriato di questo territorio. Lo ha fatto suo disegnandolo e dipingendolo in alcune sue famose opere. Ricordiamo le due versioni della Vergine delle Rocce: quella parigina del Louvre e quella londinese della National Gallery. Ha vissuto per anni presso la Villa Melzi d’Eril di Vaprio. Gerolamo Melzi, conte palatino e capitano della milizia milanese, gli affidò il giovane figlio Francesco che fu il più caro dei suoi allievi, lo seguì fino alla morte e ne ereditò tutti i disegni e i manoscritti artistici e scientifici. Li trasferì nell villa di famiglia a Vaprio d’Adda e li conservò fedelmente con sè fino alla fine della sua vita”. Insomma: un cordone ombelicale che ha lasciato traccia all’epoca di Ludovico il Moro tra Paderno d’Adda e Cornate, dove peraltro “perfezionò la tecnologia di un traghetto che, ancora oggi, unisce le sponde di Imbersago e Villa d’Adda sfruttando solo la forza della corrente”.
Se tra una manciata di mesi si inizierà a sentire parlare di Leonardo anche più del solito, sarà sufficiente guardarsi attorno per scoprire quanto abbia contato da queste parti: e allora vale la pena di portarsi avanti, scoprendo per esempio l’Ecomuseo che “si deve al comitato rotariano per il restauro delle Chiuse dell’Adda che, per primo, ha messo in luce il valore universale dei luoghi, avanzando l’idea del recupero”.
Sono spazi che già segnalavano la loro centralità storica per altri motivi: le centrali elettriche patrimonio dell’archeologia industriale e Crespi d’Adda, villaggio operaio patrimomio Unesco dell’Umanità. Basta poco per scoprirli in una giornata d’agosto.n