Le premesse erano nello stesso manifesto del 1909, ma la configurazione di un’estetica della parola che potesse investire contemporaneamente le arti figurative e la letteratura può essere fissato al 1912: l’anno in cui Filippo Tommaso Marinetti pubblica il “Manifesto tecnico della letteratura futurista”.
Era l’11 maggio: se facessimo un viaggio nel futuro (appunto) di un anno, sarebbe un secolo fa. Abolire la punteggiatura, distruggere la sintassi, verbi all’infinito, addio agli avverbi, dimentichiamo gli aggettivi, mettiamo nei testi quello che non c’era, odori e rumori, il peso. Come farlo? Rappresentandolo, graficamente: ed è così, in un gioco di vasi comunicanti inevitabile, che mentre la parola diventava visione, la visione diventava anche parola, tra i futuristi.
È questo lo scorcio da cui parte la mostra che la LeoGalleries di Monza propone a partire dal 4 maggio e fino al 29, negli spazi di via De Gradi (non c’è inaugurazione per scongiurare assembramenti). «In tutte le opere proposte in questa mostra la parola si fa immagine, non più solo da leggere ma da vedere. È la novità dei futuristi – racconta Maurizio Scudiero, massimo esperto italiano di Futurismo -. Tecnicamente si tratta di opere, specie quelle di Depero, che anticipano il Lettrismo, poi codificato da Isidore Isou nei primi anni ’40, la cui idea fondante era quella di rinunciare alle parole in quanto tali e sostituirle con onomatopee».
“Futurismo e Parole” (da martedì a venerdì 15-19, sabato anche 10-13), così si intitola il progetto espositivo, presenta tra l’altro le tele di Fortunato Depero con una delle opere dedicate al Caffè Irrera, R. M. Baldessari con “Natura morta con Lacerba e Picasso” e Giulio D’Anna con l’iconico “Il merlo” e ancora “Comunicazione, pubblicità e progresso”. In mostra anche alcune tavole parolibere estetiche firmate da Filippo Tommaso Marinetti, tratte dal libro “Le mots et liberté futuristes”, la china su carta di Mino Delle Site “Futur Alvino” e due tavole parolibere di Depero eseguite a New York nel 1930: descrivono le montagne russe e il “tunnel dell’amore” nel luna park di Coney Island. “Quest’ultima opera in particolare raffigura il tunnel con la sinuosa e maliziosa forma di un serpente, come quello che tentò Eva”. «È quasi impossibile trovare le tavole parolibere di Depero – conferma Scudiero – sono una rarità da non perdere, così come le tele di Depero e D’Anna».
Il ventaglio temporale è quello compreso tra gli anni Venti e Trenta, e il “filo rosso dell’antologica – scrive la galleria diretta da Daniela Porta e Grazia Casiraghi – è la parola, non nella semplice accezione comunicativa, ma autentico e innovativo elemento artistico.
Le opere in mostra a Monza provengono anche dall’Archivio Depero, dall’Archivio Futuristi Siciliani e dalla Fondazione Berardelli di Brescia.