Cinque anni sono serviti a Franceschino Zavattari e ai suoi figli Giovanni, Gregorio e Ambrogio, per ultimare gli affreschi della cappella dedicata alla regina Teodolinda, nella basilica di Monza, dal 1441 al 1446. Uno in più è stato impiegato dal team di esperti e restauratori guidato da Anna Lucchini per ridare nuova vita e restituire luce e colore all’opera. Era il 23 febbraio 2009 quando la Fondazione Gaiani, custode del progetto di restauro, ha ufficializzato l’avvio del cantiere della cappella di Teodolinda, reso possibile grazie alla collaborazione con partner importanti: la Regione Lombardia, la Fondazione Cariplo e il World monuments fund, la diramazione europea del World monuments fund che ha sede a New York, che da solo ha fornito un terzo dei finanziamenti, stimati all’inizio dei lavori in 3 milioni di euro.
Un intervento complesso e indispensabile, necessario per preservare la bellezza di uno dei capolavori del gotico internazionale nel nostro Paese, considerata dagli storici il miglior lavoro realizzato dagli Zavattari. Un degrado, quello della cappella, generato principalmente dalla tecnica pittorica mista utilizzata per rappresentare le quarantacinque scene affrescate. Furono, infatti, gli stessi artisti milanesi a impiegare pigmenti non comunemente utilizzati all’epoca per la realizzazione di affreschi. La pittura utilizzata dagli Zavattari è quasi esclusivamente a secco, con tempera a olio e uovo, e pastiglie in rilievo di gesso e colla.
Ma a compromettere le pareti della cappella furono i diversi interventi di restauro avviati tra il XVIII e il XIX secolo: quello devastante del 1700, un secondo lavoro risalente alla metà del XVIII secolo e quello del 1880, realizzato da Antonio Zanchi, che portò al rifacimento completo di alcune figure, fino all’ultimo intervento, nel 1960, che eliminò la pittura ottocentesca, sostituita con intonaco neutro La poca cura della cappella, esposta nei secoli alle infiltrazioni di acqua piovana, all’umidità al fumo delle candele, ha fatto il resto. Il lavoro dei restauratori, finalmente ultimato, è stato dunque una sorta di rinascita: mostrare agli osservatori contemporanei la bellezza cromatica e luminosa che i monzesi del Quattrocento poterono ammirare.
Ma non solo. Il cantiere, infatti, si è posto da subito come un’occasione educativa, così come era stata definita durante la cerimonia di avvio dei lavori, per quanti, in questi sei anni, ne hanno seguito l’evoluzione, visitando anche la “pancia” del cantiere. I ponteggi non sono mai stati di intralcio alla visita della Corona ferrea, che è rimasta sempre nella sua sede, permettendo così ai visitatori di sbirciare da vicino il lavoro dei restauratori. Una scelta che ha reso questo intervento unico nel suo genere, innovativo e didattico al tempo stesso.
Dalla polvere scura depositata nei secoli, rimossa con infinita pazienza dalle mani di Anna Lucchini e dei suoi collaboratori, sono riemersi la cura dei particolari, la precisione dei dettagli, le sfumature degli abiti, i lineamenti dei visi, il campionario incredibilmente aggiornato delle piante e degli animali conosciuti nel XV secolo. I cinquanta metri quadri di pareti incorniciano quarantacinque scene, suddivise in cinque fasce sovrapposte e animate da oltre ottocento personaggi. Una carrellata suggestiva di particolari, dall’imponenza regale del corteo di Teodolinda ai dettagli preziosi delle stoffe indossate dalle dame. Oggi come ieri la cappella della regina longobarda continua a incantare chi, con il naso in su, vorrà immergersi in quell’immaginario medievale fatto di donne, cavalieri, arme, amori, cortesie e audaci imprese.
Dal 2 febbraio è possibile prenotare la visita al cantiere di restauro della cappella di Teodolinda, contattando il centro prenotazioni al numero: 039.32.63.83. Un’occasione unica per i visitatori che potranno camminare sui ponteggi utilizzati dai restauratori e opportunamente messi in sicurezza, per ammirare da vicino l’incredibile lavoro di recupero degli affreschi. La prenotazione è obbligatoria.