Un museo che non è solo un contenitore di mostre e progetti, ma capace di volta in volta di essere lui stesso arte modificandosi, mettendo in evidenza spazi, muri, angoli, strutture. Incluse le installazioni permanenti – alcune esterne, ora una interna – che modificano la percezione del Museo d’arte contemporanea di viale Ancona a Lissone.
L’architettura del museo di Lissone definisce tra passato e recupero «uno spazio classico, a misura d’uomo, abitabile secondo proporzioni più vitruviane che da modulor, nonostante l’eccentricità della curva» – ha scritto Paolo Iacchetti, che oggi, 25 febbraio, inaugura alle 18 l’installazione permanente “Drawing the wall”. «Sulla base di queste suggestioni mi sono orientato a un intervento basato su una forma classica e dinamica allo stesso tempo: un’ellisse», in cui «la visione viene continuamente intervallata dal corpo scale che costituisce anche la sequenza e il ritmo dello sguardo» e rende impossibile lo sguardo totale sull’opera. «Un’ultima osservazione di ordine metaforico sulla forma ellittica: è quasi una mandorla, a ricordare l’unità di forma generativa del sacro, e non solo. Una forma che ai giorni nostri è oramai impossibile vedere nella sua interezza, ma ancora possibile come luogo della mente. Un luogo ottenuto attraverso disciplina, riflessione e osservazione, rimando autentico alla nostra unità e sacralità». «“Drawing the wall” entra così a far parte della sempre più ricca “collezione disseminata” che dal 2014 ha caratterizzato gli spazi museali – ricorda la direzione del Mac – con le opere site-specific di Fabrizio Prevedello, Andreco, Joys, Giuliano Dal Molin, Jack Sal e Ignazio Gadaleta».
La serata (dalle 18) non sarà come sempre occasione per una sola vernice: sono cinque i progetti che saranno inaugurati oggi al Mac diretto da Alberto Zanchetta. È proprio lui a curare tre mostre personali: “Tempo in processo” di Giovanni Campus (al primo piano) dedicata all’artista nato ad Olbia nel 1929 e aperta fino al 9 aprile; “Visioni d’insieme” di Giovanni Termini (fino al 9 aprile, di cui è co-curatore Bruno Corà, al primo piano, protagonista lo scultore nato ad Assoro nel 1972); “L’ospite parassita” di Agostino Arrivabene (fino al 14 maggio, cocuratrice Chatia Cicero, al secondo piano, con l’artista nato nel 1967 a Rivolta d’Adda).
Il piano terra del Mac sarà invece occupato da “Guerra alla guerra”, il primo di «una serie di eventi incentrati sull’arte del progetto che culmineranno, a dicembre di quest’anno, con la inaugurazione della sesta edizione del Premio Lissone Design». Fino al 14 maggio. Il primo passo è la grafica, con una mostra di manifesti, una dozzina, realizzati tra il 1924 e il 1932, «periodo in cui la Germania viveva una prosperità del tutto ingannevole, perché afflitta dalla disoccupazione e dallo scontento generale. Ed è proprio durante la Repubblica di Weimar,la cui genesi è concomitante con quella del Bauhaus, che molti artisti scendono in prima linea per progettare poster, striscioni e altri materiali che si schierano a favore del Partito comunista». Allora John Heartfield, Max Pechstein, Käthe Kollwitz e Max Schwimmer, Alfred Frank, Victor Theodor Slama e Boris Angeluscheff. Estradizione, carcere, radiazioni professionali sono i destini cui sarebbero poi andati incontro fino all’insulto della famigerata mostra sull’Arte degenerata, Entartete Kunst, nel 1937.
«Nonostante sia trascorso quasi un secolo da allora, poco o nulla sembra cambiato – conclude il Mac presentando la mostra – , giacché i conflitti continuano a mietere vittime innocenti».
Infine Arc#ive, volume 6: Arnaldo Pomodoro a cura di Lorenzo Respi sul ruolo fondamentale degli archivi nel sistema dell’arte. La mostra è visitabile fino al 14 maggio.