«C’erano ormai tante cose da dire su questo mondo di oggi, ed era arrivato il momento di farlo». Eugenio Finardi è tornato, per portare la sua testimonianza su questo nostro presente, che definisce, senza mezzi termini, crudele.
«Ci sono troppe ingiustizie sociali. Non c’è lavoro, non c’è più dignità, non ci sono prospettive. I giovani non hanno futuro. C’è il dramma della crisi, il dramma della solitudine nelle relazioni umane. Il dramma dei padri separati, la difficoltà di esprimere i propri sentimenti». Ci sono troppi problemi, troppi intoppi si sono generati in questi ultimi anni, e “Fibrillante” cerca di raccontarli tutte. È tornato con un nuovo album uno dei più importanti cantautori italiani: lo sta promuovendo con un tour che venerdì 10 ottobre tocca anche la Brianza: l’appuntamento è a Bovisio Masciago, al teatro La Campanella alle 21.
Con “Fibrillante” si torna, diciamo così, alle origini.
Sono trascorsi quindici anni dall’ultimo album di inediti: “Accadueo” è uscito nel 1998. Dopo, mi sono dedicato alle più svariate sperimentazioni, ho realizzato tanti progetti: il fado, il jazz, Sanremo. Il blues e il palco della Scala, dove sono salito due volte.
E poi cos’è successo?
È stato un lungo periodo di accumulo: ho immagazzinato e immagazzinato pensieri e sensazioni. Nel 2013, era primavera, mi sono ritrovato pieno di cose da dire, con i ragazzi della mia band che mi stimolavano, ogni giorno, a rimettermi in discussione e a scrivere di nuovo: alla fine li ho ascoltati.
“Fibrillante” è stato co-prodotto da Max Casacci dei Subsonica: com’è nata questa collaborazione?
Ci siamo incontrati per la prima volta circa quattro anni fa e l’intesa è nata in fretta, perché poco dopo abbiamo iniziato a lavorare insieme a “Nuovo umanesimo”.
Il testo di quella canzone lanciava un messaggio forte: è ancora valido?
Assolutamente. Si tratta di un messaggio che torna anche in “Fibrillante”: un nuovo umanesimo è la sola via d’uscita che ci rimane, è la sola possibilità che abbiamo per salvarci da questo nuovo medioevo in cui siamo piombati. Siamo tutti schiavi, vassalli e valvassori del signor profitto, in un mondo che ha perso di vista i veri obiettivi e i veri ideali. La necessità, urgente, è quella di rimettere l’uomo e il suo benessere al centro di tutto.
Ha ancora senso fare il cantautore oggi, nel 2014? Sono lontani gli anni Settanta e i tempi De Andrè.
All’epoca cantavamo tutti, tutti avevamo qualcosa di importante e di urgente da dire. Ora i cantautori ci sono ancora, alcuni sono anche bravi, ma parlano di cose diverse. Delle piccole cose di tutti i giorni, del loro microcosmo. Sembrano evitare certi argomenti. Probabilmente perché le nuove generazioni sono disilluse, disincantate. Deluse dagli sforzi che hanno compiuto i loro genitori.
Ci sono canzoni particolarmente sentite in “Fibrillante”? Portatrici, più di altre, di un messaggio specifico?
“Le donne piangono in macchina” è molto attuale, parla della difficoltà di gestire le relazioni umane. Anche “Lei s’illumina” è declinata al femminile. Più impegnata, anche socialmente, è “Come Savonarola”.
Come si connota l’album dal punto di vista delle sonorità?
Si tratta di un vero e proprio incontro e miscuglio tra il mio modo di fare musica, e di fare rock, e quello di concepire la musica che ha Max Casacci: le mie sonorità più classiche, sono state attualizzate, ora hanno un tocco più moderno.
Quali sono i progetti futuri?
Innanzitutto sono molto felice di passare anche per la Brianza con il mio tour: in passato ho vissuto circa dieci anni a Carimate, che con la Brianza confina. Sicuramente continuerò a scrivere a canzoni, ma ho intenzione di realizzare, a breve, uno spettacolo teatrale di parole e musica. Mi sono accorto che le persone hanno voglia di dialogare e confrontarsi.