Il teatro Manzoni di Monza, alcune scuole superiori e il Comune hanno dato il via a un corso di critica teatrale rivolto agli studenti: il Cittadino pubblica il primo testo realizzato con gli scritti dei ragazzi e curato dalla critica Valeria Ottolenghi. In coda il contributo di due studentesse monzesi sul corso.
“Siamo soliti dire che siamo pronti a morire. Ma siamo pronti a vivere? Possediamo il certificato di nascita e quello di morte, ma abbiamo il certificato di vita?”. “Nessi”, lo spettacolo di Bergonzoni – autore e unico interprete, regia in collaborazione con Riccardo Rodolfi – visto al Teatro Manzoni, è un invito alla vita, a costruire legami, a restare con-nessi con gli altri
Lo spettacolo inizia all’improvviso, a luci spente, il sipario ancora chiuso. A un certo punto si sente una voce e il pubblico, che inizialmente non sa cosa aspettarsi, ripone tutta la sua attenzione su questo unico segno di vita. E’ un dialogo tra due persone, entrambe interpretate da Bergonzoni, ma avendo posizioni e ruoli differenti all’interno della vicenda: uno, infatti, è rimasto intrappolato in un luogo invaso dal gas e completamente al buio, e l’altro invece è intento a spiegare all’uomo come maneggiare probabilmente dei cavi elettrici e uscirne vivo. Nel buio. Una voce chiede aiuto, non vede niente e non sa cosa fare. Allora qualcuno prova ad aiutarlo, ma non è semplice comunicare per telefono quando le parole sono tanto facili da fraintendere
“Se uno ha autonomia, allora di chi è l’auto?” “Perché non dire cose in ‘punto di vita?’” “Dio ha un piano, noi lo dobbiamo suonare?”: ogni frase di Bergonzoni ci porta a un’altra, a un’altra ancora, senza lasciare spazio al pubblico di ragionare, senza un attimo di pausa….E’ richiesta una continua attenzione e la massima concentrazione. L’unica interruzione è la risata del pubblico
“Hai tutta la vita davanti, raggiungila!, “E’ arrivato il momento. Qualcuno lo va a prendere?”. Bergonzoni crea tra le parole i “Nessi” del titolo, ma ci ricorda anche che i nessi dobbiamo farli con chi ci sta accanto, perché, come dice lui, il titolo è un’invocazione in un periodo in cui la parola “collega” non è più “un sostantivo ma un verbo”
Il pubblico viene esortato a fare qualcosa, a muoversi, a non stare fermo, a non subire, a sforzarsi per raggiungere gli obiettivi e realizzare gli ideali.
Il monologo si trasforma così in un’esortazione, un invito a pensare alle cose importanti della vita, a connettersi con le persone che ci stanno intorno e non su internet, a vivere veramente perché la vita è fatta per essere vissuta.
“Nessi” è un lungo monologo ricco della molteplicità di significati che una parola può assumere in contesti differenti attraverso una raffica di frasi incatenate le une alle altre, un monologo sfavillante di arguti giochi di parole e un appassionato flusso di pensieri
Ogni parola, seppure in contesti ironici, scherzosi, diviene in realtà un ponte tra un universo di idee e un altro, sempre travolgente il ritmo, senza pause. E tutti questi argomenti apparentemente slegati tra loro diventano un tappeto di nodi, di riflessioni, di pronunce, i “nessi” del titolo nati da similitudini di suono, di significato, o da somiglianze d’accenti, una sorta di enigmatico flusso di coscienza, un copione dinamico capace di mettere in moto la mente, di suscitare emozioni di pensiero.
“Nessi” non ha una trama o una storia con un suo filo logico ma si basa sui collegamenti e sui diversi significati che può assumere una parola. Così, per esempio, nel rapporto padre-figlio, l’amore diventa filiale…come una banca! Bergonzoni tesse una rete di frasi in modo apparentemente casuale ma studiatissimo perché ogni parola apre la porta alla successiva in un percorso senza meta finale, in un ritmo fulmineo carico di continui ribaltamenti logo sintattici
I temi toccati sono la vita e la morte, i ricordi tra parole composte e scomposte, le possibilità e impossibilità, le parole “non agite”, le azioni solo “pensate”. La scenografia è essenziale, tre incubatrici e un cerchio, che forse rappresenta il cerchio della vita.
Bergonzini gioca benissimo con le parole, crea immagini e devia bruscamente da un pensiero all’altro, fa ridere e salta altrove, gli spettatori vengono così coinvolti da una non-storia, dove il filo logico è sostituito da un filo immaginario che lega tra loro parole simili
L’attore è come se fosse rinchiuso nella sua mente, parlando con se stesso per cercare una via d’uscita, cercando di oltrepassare i suoi limiti e invitando anche tutto il pubblico a farlo unendo spesso tematiche molto differenti che hanno in comune magari solo una parola, creando miscugli che portano a situazioni insensate, paradossali, irrealizzabili
La chiusura avviene in modo particolare perché l’attore afferma più volte che lo spettacolo è finito e questo viene confermato dallo spegnimento delle luci che però ogni volta si riaccendono con Bergonzoni che ricomincia a raccontare…
con il contributo di: claudia C, marta F, medea C, alexandra C, martino B, giada B, michele R, martina C, stefano A, pietro C, mattia Ca, leonardo T, pietro V, sara M, matteo F, mattia Ch, luca D
Che cos’è il teatro?
Questa è la prima domanda che ci viene posta da Valeria Ottolenghi, critica teatrale che assume il ruolo di insegnante in questo corso, e subito entriamo in modalità riflessiva e pensiamo a che cosa significa per noi il teatro. Passione, arte e trasformazione sono i primi tre aggettivi su una scala infinita di idee.
Nell’aria fluttuano parole distinte, emozioni di cuore e di pensiero toccate inconsciamente da tutti i presenti e tradotte in sensazioni ritrovate. “Il teatro è il luogo in cui il vero si cela dietro la maschera della finzione, travestita da realtà”, “un gioco di luci e ombre dove puoi scegliere che colore essere”, o ancora “la trasmissione di un messaggio che suscita dubbi e meditazione”. Da queste espressioni ricaviamo significati che ognuno interpreta in modo diverso e che con il passare del tempo portiamo con noi, consapevolezze impresse nella nostra memoria che proviamo a rendere reali.
Dopo aver lasciato che ognuno di noi esponesse la propria opinione, Valeria ci mostra il suo punto di vista rispetto al mondo della recitazione, elemento che descrive come ‘essenziale’ nella sua vita. Ci racconta quali sono gli aspetti indispensabili in una performance: i gesti, la postura il tono di voce e i costumi; improvvisazione e interpretazione; dialoghi, monologhi e soliloqui. L’attore crea un contatto con il pubblico, un’armonia che si percepisce nello scambio di sguardi. Egli sceglie se entrare in simbiosi con il personaggio o, al contrario, giudicarlo, “straniandone” il corpo e la mente dall’anima e le emozioni dell’attore stesso. Necessario è il ruolo del regista, che stabilisce l’equilibrio dell’insieme e il ritmo, interpreta il testo dell’autore e, a seconda delle sensazioni che gli ha suscitato, decide se lo spettacolo dovrà essere un “senza storia”, monologo o una rappresentazione muta, silenziosa, come il mimo o la danza.
L’atmosfera teatrale ci permette di capire quanto l’arte dell’immedesimazione sia fondamentale nel cuore degli attori, la bellezza manifestata con immagini e suoni che noi ragazzi riusciamo a sentire e trasformare.
La seconda domanda che raggiunge la profondità dei nostri ragionamenti è: che cos’è, invece, la critica? Possiamo definirla come l’espressione dell’ opinione personale, il pensiero di una mente in collaborazione con le emozioni scaturite dal cuore, dall’anima della persona stessa. Ciò che appare è il ritratto dei pensieri che riusciamo a stimolare durante queste lezioni e la capacità di osservazione che diventa lentamente un’opportunità per vedere più lucidamente e sviluppare una consapevolezza dello spazio e del tempo.
Valeria ci insegna ad acquisire gli strumenti necessari per analizzare un’opera teatrale e ci spiega qual è l’aspetto più importante di tutti: entrare a fondo nelle cose, ovvero lasciarsi travolgere emotivamente e mentalmente dalla propria sensibilità, spronandoci a “mettere in gioco il nostro sguardo”.
Martina C. e Sabina S.