È uno dei fossili più importanti che siano mai stati trovati in Italia e ha ancora molto da raccontare: il Besanosauro (che non ha a che vedere con Besana in Brianza, ma con Besano in provincia di Varese, un luogo che fatti i conti con i milioni di anni ci riguarda da vicino), ora ha qualcosa in più da dire a chi cerca i pesci anche nel Lambro.
Il merito va a un ulteriore studio di Cristiano Dal Sasso, paleontologo di Concorezzo che lavora per il Museo di storia naturale di Milano e ha firmato alcune delle più importanti scoperte scientifiche del settore degli ultimi vent’anni (e più).
Questo volta lo fa in un articolo pubblicato in questi giorni dalla rivista scientifica Swiss Journal of Paleontology, insieme a Gabriele Bindellini, che ha svolto questa ricerca con un dottorato finanziato dal dipartimento di scienze della terra “Ardito Desio” dell’Università degli Studi di Milano, coordinato da Marco Balini (Unimi). Gli altri autori dello studio sono Andrzej Wolniewicz (Accademia delle scienze polacca, Varsavia), Feiko Miedema (Museo statale di scienze naturali, Stoccarda) e Torsten Scheyer (Istituto e Museo di paleontologia, Università di Zurigo).
Besanosauro, il super predatore del Triassico: 240 milioni di anni fa
Il focus è stato come nuotava e come vivevano i Besanosauri, ittiosauri, quindi rettili “per nulla imparentati coi dinosauri che si adattarono perfettamente a vivere in mare aperto, trasformando in pinne le zampe dei loro antenati di terraferma. Nel corso della loro evoluzione svilupparono forme molto varie e quelle più primitive, presenti anche in Italia, riservano sempre nuove sorprese” scrivono gli scienziati che hanno avuto modo di fare nuove analisi sul fossile trovato a Besano, esposto al Museo di storia naturale di Milano, grazie a una Tac messa a disposizione dalla Fondazione Irccs Cà Granda ospedale maggiore policlinico di Milano: gli scheletri fossili dei Besanosauri compressi nella roccia da 240 milioni di anni sono stati ricostruiti in 3D. “Le pinne anteriori e posteriori sono completamente diverse: se non fossero attaccate allo stesso corpo nessuno crederebbe che appartengono ad una sola specie” dice Cristiano Dal Sasso che nel 1996 diede il nome a “Besanosaurus leptorhynchus, il più antico e famoso ittiosauro italiano. Del prezioso fossile, scoperto nel 1993 nel corso degli scavi che il museo milanese conduceva a Besano (Varese) su concessione del ministero della Cultura, ora un team di paleontologi italiani, svizzeri, fiamminghi e polacchi ha ristudiato in dettaglio tutto lo scheletro. Confrontandolo con quello di altri tre Besanosauri conservati al Museo di paleontologia dell’Università di Zurigo, il team ha scoperto come nuotavano questi rettili marini”. Il periodo è il Triassico prima della comparsa dei dinosauri, 240 milioni di anni fa.
La colonna vertebrale formata da più di 200 vertebre rendeva il corpo molto allungato, quasi anguilliforme – si legge nell’articolo. Anche le pinne erano lunghissime, ma quello “che rende Besanosaurus davvero unico è la loro struttura interna. Le pinne anteriori, più lunghe delle posteriori, sono formate da ossa arrotondate che in vita erano distanziate da abbondante tessuto cartilagineo, come nelle orche e in altri cetacei; le pinne posteriori invece sono formate da quattro dita ravvicinate tra loro a formare palette più rigide, che funzionavano come timoni. Contrariamente a quanto si pensava, la coda non era dritta: il Besanosauro aveva una coda a falce molto asimmetrica, che si definisce coda eterocerca inversa: il lobo superiore era assai più corto di quello inferiore e conferiva a questo ittiosauro un profilo simile a quello dello squalo volpe, però con la coda rovesciata sottosopra”.
Besanosauro, il super predatore del Triassico: i cambi di direzione
“Tutte queste appendici avevano una precisa funzione idrodinamica”, conclude Gabriele Bindellini. “Servivano per manovrare e cambiare rapidamente direzione; questo consentiva al Besanosauro di inseguire e catturare piccole prede velocissime come calamari e pesci di mare aperto. Altre specie di ittiosauri a lui contemporanee non erano in grado di farlo”.
Gli studiosi racconto poi alcuni, come Cymbospondylus, “avevano code quasi diritte e un nuoto anguilliforme, più primitivo; altri, come Mixosaurus, possedevano una pinna dorsale e code più decisamente a forma di falce; il corpo era più rigido ma elastico e la spinta maggiore era data dalla coda. Besanosaurus possedeva uno stile di nuoto intermedio, che possiamo definire semi-anguilliforme: il collo era molto mobile, sia il corpo che la coda davano propulsione, mentre le lunghe pinne permettevano cambi di rotta anche improvvisi e molto angolati”.
Il Museo di storia naturale, alla vigilia della pubblicazione, ricordava che numerose istituzioni hanno reso possibile questa e molte altre ricerche, grazie alle quali il sito paleontologico del Monte San Giorgio è divenuto patrimonio mondiale dell’umanità riconosciuto dall’Unesco: la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio delle province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese, che tutela il sito in territorio italiano; la Commissione scientifica transnazionale del sito Unesco del Monte San Giorgio, composta da paleontologi italiani e svizzeri, funzionari archeologi e site manager di entrambe le nazioni; nella valorizzazione del sito sono coinvolti anche il dipartimento di scienze della terra “Ardito Desio” dell’Università degli studi di Milano, Regione Lombardia, la Comunità Montana del Piambello, la Fondazione Msg, il Museo dei fossili di Besano e il Museo di storia naturale di Milano, “che ospita la più ricca collezione di fossili, frutto degli scavi condotti tra il 1975 e il 2002 con l’aiuto dei volontari del Gruppo paleontologico di Besano”.