Settanta foto e una serie di video per una passeggiata «nella bottega di Alfred Hitchcock», quella che ha permesso al regista britannico di diventare una delle pietre angolari del cinema internazionale. Capace di parlare ai suoi contemporanei e al pubblico di oggi con la stessa sorprendente, innovativa, inscalfibile lingua. Il critico cinematografico Gianni Canova lo racconta così: ed è lui ad avere curato la mostra che fino al 10 gennaio riempirà gli spazi dell’arengario di Monza nel progetto organizzato e prodotto da ViDi in collaborazione con il Comune.
Settanta immagini, una serie di video: le prime arrivano dagli archivi della Universal Pictures che ha prodotto gran parte della stagione doro di Hitchcock, i secondo sono affidati allo stesso Canova che guida i visitatori attraverso i capolavori del regista e dietro le quinte dei suoi lavori.
Di un autore «che per almeno tre decenni non ha sbagliato un film», ricorda il curatore, e che anche solo per questo merita un posto di primissimo piano nella storia dei 35 millimetri.
«Per gli autori della Nouvelle vague è stato uno dei più grandi creatori di forme del Novecento. E non solo per il cinema: per tutte le arti. Così lo hanno descritto prima di tutto Rohmer e Chabrol» che nella firma di Hitchcock hanno letto quello che fino alla metà degli anni Sessanta, la cultura alta, non aveva saputo o voluto vedere.
«Prima che lo scoprissero gli autori della Nouvelle vague (il movimento cinematografico francese nato alla fine degli anni ’50, ndr) era considerato dalla critica un distributore di frattaglie, e di frattaglie a basso costo. Dell’epoca ci sono recensioni che lette oggi sono imbarazzati», ma poi sono arrivati i francesi, per un regista d’oltremanica poi naturalizzato statunitense, a riscrivere le carte.
Soprattutto François Truffaut con un libro che è il racconto di una lunghissima intervista pubblicato per la prima volta nel 1966: «Lui per primo spiegò che Hitchcock era capace di pensare visivamente e di far vedere, anche senza le parole, i sentimenti, la natura umana. E dimostra poi che il piano su cui andava messo ero lo stesso di Edgar Allan Poe, di Kafka, di Dostoevskij. Che era un regista capace di fare i conti proprio con la natura umana: l’ha guardata e l’ha messa in scena».
Succedeva nell’epoca in cui la cultura internazionale iniziava a scardinare le graduatorie tra produzione alta e bassa e a rimescolare il mazzo. Alta – dicevano tanto, come Umberto Eco – può essere ovunque, bassa anche. Dentro i generi, per esempio.
«Per i francesi Hitchcock apparteneva alla cultura alta. Per loro era alla pari dei migliori registi dell’epoca, se non superiore».
All’arengario fotografie di scena e video che raccontano Sabotatori (1942), L’ombra del dubbio (1943), Nodo alla gola (1948), La congiura degli innocenti (1955), L’uomo che sapeva troppo (1956), Marnie (1964), Il sipario strappato (1966), Topaz (1969), Frenzy (1972) e Complotto di famiglia (1976). e capolavori come Psycho, Gli uccelli, La finestra sul cortile, La donna che visse due volte., pellicole nell’ordine del 1960, del 1963, 1954 e 1958.
«Tutti film che non sono mai invecchiati, rispetto a quelli di altri autori – prosegue Canova – E lo dimostra il fatto che ancora oggi sono capaci di trasmettere emozioni forti a chi lo scopre per la prima volta». Merito anche di quel che non si vede, se non attraverso uno sguardo critico: la sperimentazione, la capacità di innovare, di cercare tecniche e metodi nuovi.
«Basta pensare che ha girato Delitto perfetto in 3D nel 1954. Oppure che ha tentato di fare un film realizzato con un unico piano sequenza dall’inizio alla fine», cioè con una solo ininterrotta ripresa: è Nodo alla gola del 1948, ma in mezzi tecnici dell’epoca non erano sufficienti per farlo, ne servirono dieci, contro le decine o centinaia che occorrono di norma (anche oggi). «E poi gli effetti di macchina e molto altro: ha portato nel cinema un linguaggio che viene tuttora utilizzato» da chi si mette dietro una telecamera.
«Una passeggiata – aggiunge Canova raccontando cosa sarà possibile vedere in mostra – Una passeggiata nell’officina di Hitchcock» che dura tre mesi dopo l’inaugurazione – e arriva a Monza dopo essere stata a Pisa e poi a Genova nel 2019 – portando in piazza Roma gli anni della Universal Pictures, mostrando il backstage dei principali film del regista, “facendo scoprire particolari curiosi sulla realizzazione delle scene più celebri, sull’impiego dei primi effetti speciali, sugli attori e sulla vita privata del regista inglese”, scrive la presentazione. Durante il periodo di apertura della mostra, in collaborazione con il Teatro Binario 7 di Monza, si terranno alcune iniziative collaterali, tra cui lo spettacolo “Odio Hitchcock” di Corrado Accordino: una produzione della Compagnia Teatro Binario 7 che “racconta la grandezza del genio e le ombre della sua umanità, ovvero quell’insieme di aneddoti, di discussioni, talvolta spiacevoli, tra il regista inglese e i suoi attori e collaboratori”. Lo spettacolo è in programma in via Turati da giovedì 26 a domenica 29 novembre. Chi si presenterà al teatro Binario 7 con il biglietto della mostra potrà assistere allo spettacolo a un prezzo ridotto (10 euro); allo stesso modo, col biglietto di “Odio Hitchcock” si riceverà uno sconto di 2 euro sul costo dell’ingresso all’arengario. La mostra è accompagnata da un catalogo Skira.
Gli orari: lunedì e martedì chiuso; mercoledì 14 – 18, giovedì e venerdì 10 – 13 e 14- 18; sabato, domenica e festivi 10 – 18. Il biglietto intero costa 7 euro, il ridotto 5 (over 65, ragazzi 13 – 18, esibendo il biglietto dello spettacolo “Odio Hitchcock”); ridotto bambini 4 (dai 7 anni ai 12 anni).