I sindacati chiedono la cassa integrazione per i 57 nuovi esuberi di Yamaha e l’azienda non sembra contraria. Questo è il risultato del primo atteso incontro tra i vertici dello stabilimento lesmese di via Tinelli e le diverse sigle sindacali. Il meeting si è svolto giovedì pomeriggio nella sede milanese dell’Unione del Commercio di Milano, Monza e Lodi per discutere la procedura di licenziamento collettivo attivata dalla multinazionale giapponese lo scorso 16 aprile.
”E’ stato un incontro positivo per quanto possa esserlo un summit in cui si parla di licenziamenti – ha detto Elena Vanelli sindacalista della Cisl Fisascatt – . Abbiamo notato che l’azienda non ha nessuna preclusione a trattare, anche perché la questione riguarda 57 lavoratori sui 123 del commercio in organico. Sono numeri importanti”.
Yamaha, a fronte di una prevista perdita operativa di circa 4 milioni di euro in Italia e di circa 49 milioni di euro a livello di gruppo europeo nel 2013, ha illustrato le ragioni della riorganizzazione europea dell’impresa che hanno prodotto, attraverso la centralizzazione in Olanda di alcuni servizi quali la contabilità, l’informatica, comunicazione e marketing e ufficio legale e la terziarizzazione di altri quali il centralino e la portineria, i nuovi esuberi nella sede gernese. “Noi abbiamo chiesto a Yamaha di trovare delle soluzioni per attutire l’uscita dall’azienda degli impiegati sfruttando gli ammortizzatori sociali – ha concluso la sindacalista – .La nostra idea è di riuscire a mettere i lavoratori in cassa integrazione e l’azienda non si è mostrata contraria, però ci ha chiesto di fare le verifiche del caso con il Ministero del Lavoro per capire se ci sono i margini per ottenerla”.