Un anno e due mesi di reclusione per Mario Barzaghi. L’imprenditore titolare della Effebiquattro di Seregno, già vice presidente di Confindustria Monza Brianza, è stato condannato dal tribunale di Monza per violenza privata contro il giornalista dell’Espresso, Fabrizio Gatti. Insieme a lui anche la figlia Giovanna Barzaghi, condannata a 8 mesi di reclusione. I Barzaghi faranno appello. Il dispositivo è stato letto nelle ultime ore dal giudice del tribunale di Monza, Letizia Brambilla. I fatti risalgono al 10 aprile del 2013. Secondo la ricostruzione della Procura di Monza, l’inviato dell’Espresso aveva chiesto di intervistare il noto imprenditore brianzolo, la cui azienda è leader del settore del legno.
La situazione si era surriscaldata dopo che Gatti iniziò a chiedere delucidazioni rispetto a presunti legami d’affari tra una società in odore di Camorra e un’azienda di nuova costituzione, la “+Energy” della quale Barzaghi era uno dei soci. La discussione assunse toni sempre meno cordiali, per usare un eufemismo, tanto che alla fine si rese necessario l’intervento dei carabinieri. Nella precedente udienza Mario Barzaghi aveva riferito in aula, davanti al giudice Brambilla, la propria versione dei fatti: «Gli dissi che non doveva andare via e che doveva aspettare i carabinieri. Ero caduto in una trappola. Dissi ai carabinieri che dovevano sequestrargli la cassetta. Continuava a ripetermi che avevo un legame con la camorra e per me era inaccettabile. Mi sono fatto da solo, partendo dalla gavetta, adesso ho 90 dipendenti. Quelle cose che stava dicendo erano per me del tutto inaccettabili».
Anche la figlia Giovanna è stata condannata. Anche lei, imputata per violenza privata, aveva raccontato la propria versione dei fatti: «Ha iniziato l’intervista con l’inganno – aveva raccontato Giovanna Barzaghi – perchè avrebbe dovuto raccontare la crisi del legno, come ci aveva detto, ma poi ha iniziato a chiedere informazioni su +Energy. Sosteneva che la società fosse collusa con la camorra. Mio padre ha avuto una reazione forte, ma bisogna capirlo. Nessuno lo ha toccato, nessuno lo ha sequestrato, nessuno gli ha impedito di andare via». «Mi ero molto preoccupata per mio padre che si era arrabbiato moltissimo, ma – aveva ribadito – nessuno lo ha toccato».