I carabinieri della stazione locale lo hanno arrestato martedì, intorno all’ora di pranzo, nell’abitazione dei genitori. Non ha opposto resistenza, se l’aspettava quella visita. Si è mostrato anzi ossequioso, pacato, disposto a eseguire le indicazioni dei carabinieri fino al momento di varcare i cancelli del carcere di Monza. In caserma pare si sia seduto solo se invitato e mai prima dell’uomo in divisa che aveva davanti. Chi ha avuto modo di incontrarlo in questi anni lo definisce cambiato.
Eppure otto anni fa usciva da una banca del Vicentino con il mitra in mano, insieme a una gang di banditi di cui faceva parte anche il fratello. È Ercole Quatela, classe 1962, nullafacente in attesa di un’occupazione che a questo punto dovrà attendere per un altro decennio. Sì perché qualche giorno fa l’uomo è stato condannato in Cassazione a 10 anni di reclusione per rapina. La rapina è proprio quella del 2005 a Chiampo, nel Vicentino, ai danni dell’Unicredit. Quella in cui è morto il fratello Luigi, sotto il fuoco amico di un complice, nel bel mezzo di una sparatoria ingaggiata con un carabiniere. Roba rimasta nella storia di Chiampo come “la rapina col morto”.
Quatela è uno dei “ragazzi” che quel 26 aprile varcarono la soglia dell’istituto di credito in piazzetta Dal Maso per uscirne con 20mila euro. Nemmeno una cifra da brivido a ben guardare. Il prezzo pagato è stato decisamente più alto, a pensare al corpo del fratello di Ercole scaricato dall’auto in cosa nel cortile di una scuola. Il colpo va a segno verso mezzogiorno, una banda ben organizzata con i mitra, tre uomini in banca, un quarto su una Volvo rubata ad attendere col motore acceso. Tutto studiato nei dettagli, la via di fuga sicura, tutto previsto. Tranne l’arrivo di un carabiniere, il maresciallo Nicolò Clemenza. Che il 30 agosto di quell’anno viene insignito di un encomio solenne.
“Con elevata professionalità, ferma determinazione e cosciente sprezzo del pericolo, non esitava ad affrontare quattro malviventi sorpresi in flagranza di rapina”, dice la targa. E poi ancora: “Chiaro esempio di elette virtù militari e non comune senso del dovere”. Il carabiniere, così come altri passanti, resta in effetti in mezzo a due fuochi, i rapinatori da una parte, il complice dall’altra. Per miracolo sulla piazza non si contano morti né feriti. Un colpo di mitra centra invece al cuore l’altro vimercatese, Luigi Quatela, 46 anni. La banda se ne libera nel Veronese.
Poco dopo Ercole, in fuga, contatta la redazione del Giornale di Vicenza per dichiarare la sua estraneità alla morte del fratello. E anni dopo, in carcere per altri colpi, decide di collaborare raccontando i dettagli del colpo. Ci vogliono anni, ma così i carabinieri risolvono il caso. L’esperto balistico Ezio Zernar, noto per il caso Unabomber, scagiona Quatela dall’accusa di omicidio, ma resta sul piatto la rapina: 10 anni di carcere decisi dalla Cassazione. La fine della storia è tutta in salsa vimercatese. Con i carabinieri di Vimercate che eseguono l’ordine di carcerazione, entrano nell’appartamento in cui il 50enne vive con la famiglia d’origine e fanno scattare le manette.