Tutti lo chiamano “il Cairo”, per la massiccia presenza di stranieri – nordafricani, per la maggior parte. Eppure quella casa di ringhiera, al civico 46 di via Sant’Alessandro a Monza, alla periferia di San Rocco, è censito anche sul portale Lombardia Beni Culturali: carte alla mano, risale al primo quarto del Settecento. A visitare adesso quel caseggiato, dello splendore di una volta non resta nemmeno il ricordo. Sono 40 i locali ricavati dai suoi spazi: tolti i quattro che, al piano terra, hanno destinazione commerciale, restano quindi 36 unità abitative.
Secondo i dati forniti dall’ufficio statistica dell’amministrazione comunale, a quel civico hanno ufficialmente preso residenza 139 persone – 66 italiani e 73 stranieri. Sono 69 le famiglie anagrafiche registrate: 32 con capifamiglia italiani e 37 con capifamiglia stranieri.
«Se, al conteggio, si sottraggono poi gli appartamenti chiusi o messi all’asta, almeno un paio al momento – segnala una famiglia italiana che vive al “Cairo” da più di dieci anni – i conti sono presto fatti: negli alloggi, che sono tutti di piccole dimensioni, sui quaranta metri quadri circa, si ammassano anche cinque, sei, sette persone. Senza contare chi abita qui irregolarmente: sommando a regolari il numero, presunto, di irregolari, la cifra lievita, e anche di parecchio. Non bastano più dei controlli superficiali: il sindaco deve venire a vedere come si vive qui. Perché via Asiago era niente in confronto».
In via Sant’Alessandro 46 ci sono problemi di sicurezza e di legalità: il via vai è costante, spiega chi si trova a fare quotidianamente i conti con facce che non promettono nulla di buono: «Ogni giorno si incontrano persone diverse: gli abusivi arrivano la sera tardi e se ne vanno al mattino presto, prima delle sette – racconta una donna, che preferisce mantenere l’anonimato per evitare ripercussioni – Dormiranno su materassi buttati per terra, non ne abbiamo idea. Polizia e carabinieri sono di casa, qui: ma la situazione non cambia. Mai. E noi, che magari casa qui l’abbiamo anche acquistata, investendo tanti risparmi, ci troviamo la droga nelle cassette della posta. L’ultima volta è capitato un paio di settimane fa». E se lo spaccio resta una costante, la prostituzione almeno sembra essere cessata: da un anno, raccontano, non si notano andirivieni sospetti.
«Ma c’è chi si mette a fare dei lavori di ristrutturazione all’una del mattino e chi, per poco, non dava fuoco all’intero stabile utilizzando, per scaldarsi, un braciere improvvisato – hanno elencato – In tanti non pagano le spese, sia quelle condominiali sia quelle relative al consumo dell’acqua. Non c’è chi si preoccupa della raccolta differenziata e i rifiuti, spesso, vengono gettati nel sottoscala. Dove si trovano anche i bisogni dei cani. I nostri bambini il cortile non sanno nemmeno cosa sia: non li abbiamo mai fatti scendere a giocare. È pericoloso».
Ai problemi di convivenza con le persone, si aggiungono quelli legati alla presenza della ferrovia: lungo i binari che fronteggiano lo stabile transitano più di trecento treni al giorno. Dalle quattro del mattino a mezzanotte non esiste tregua.
Mentre i residenti aspettano (da anni) la posa dei pannelli antirumore, non smettono di chiedere all’amministrazione maggiore considerazione nei confronti delle loro esigenze e di quelle dell’intero isolato: «Il nostro “quadrello” – hanno concluso – è la periferia della periferia: ritirano la spazzatura a singhiozzo, non intervengono né per spargere il sale né per rattoppare le buche nelle strade e nei marciapiedi. Le sue condizioni di via Sant’Alessandro, Mogadisco, Mercadante e Pelucca continuano a peggiorare: mai nessuno che, negli anni, si sia scomodato dalle sue poltrone per controllare. Speriamo possa preoccuparsene la nuova amministrazione».