Scenderanno in piazza gli agenti della polizia penitenziaria di Monza, il prossimo 29 marzo. Il luogo scelto è simbolico: la piazza antistante il tribunale cittadino. Una decisione sostenuta da tutte le sigle sindacali per portare al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica «le difficili condizioni lavorative in cui versa la casa circondariale di Monza, un istituto in balia dei detenuti dove le aggressioni sono all’ordine del giorno», si legge nel testo del comunicato inviato anche al prefetto, Patrizia Palmisani.
«Negli ultimi anni abbiamo registrato un aumento di buonismo che ha portato la direzione del carcere di Monza, così come altre, a gestire l’utenza poco incline al rispetto delle regole allo stesso modo di coloro che invece rispettano le regole, anzi in alcuni casi favorendo i primi a dispetto dei secondi – spiegano gli agenti della polizia penitenziaria -. Assistiamo a detenuti sempre più pretenziosi e violenti da quando l’amministrazione penitenziaria ha attuato la vigilanza dinamica, che comporta l’apertura delle celle per 10 o 12 ore al giorno, con la possibilità per i detenuti di stare liberi all’interno delle sezioni, sostanzialmente senza alcun controllo, in una sorta di autogestione».
Una modalità, quella delle sezioni aperte, che secondo gli agenti avrebbe aumentato i soprusi tra detenuti, liti, estorsioni e scambio di terapia tra i ristretti. «Contestualmente si sono impennate le aggressioni contro il personale di Polizia penitenziaria ma anche sanitario e i civili. Il personale – continua la missiva indirizzata al prefetto – deve essere tutelato, deve poter contare su protocolli di intervento e deve essere dotato di strumenti atti a contrastare detenuti spesso armati con armi rudimentali. Noi gestiamo quotidianamente situazioni critiche a mani nude».
Dunque l’appuntamento è per il 29 marzo davanti al tribunale. «Auspichiamo un intervento del Ministero della Giustizia e dell’amministrazione penitenziaria di Monza e che le autorità competenti diano un chiaro segno di vicinanza ai servitori dello Stato, sotto attacco anche mediatico», concludono i firmatari, riferendosi alle scritte violente apparse sui muri di via De Leyva, a Monza, che incitano a rivolte, vendette e fuoco alle galere.