Lunedì di passione per i pendolari lombardi. Il 28 settembre, a causa di uno sciopero indetto dal sindacato Orsa, dalle 10 alle 18 i treni regionali, suburbani e a lunga percorrenza di Trenord e il servizio Malpensa Express potranno subire limitazioni e cancellazioni. Le fasce di garanzia non sono coinvolte dallo sciopero. Prima dell’inizio dell’agitazione circoleranno i treni con partenza entro le ore 10 e arrivo alla destinazione finale entro le ore 11. Per quanto riguarda i collegamenti aeroportuali, circoleranno autobus sostitutivi senza fermate intermedie per le eventuali corse non effettuate tra Milano Cadorna (in partenza da via Paleocapa 1) e Malpensa Aeroporto e tra Malpensa e Stabio.
«Il sindacato Orsa, nel promuovere l’agitazione dalle 10 alle 18 a poche settimane dalla ripresa delle attività scolastiche, ancora una volta utilizza lo strumento dello sciopero in modo pretestuoso, senza mostrare alcuna sensibilità per la situazione straordinaria che la Regione e il Paese stanno vivendo a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19 e generando disagi e rischi di sovraffollamento» commentano da Trenord in una nota. Trenord invita i viaggiatori «a evitare assembramenti nelle stazioni alla ripresa della circolazione. Una volta raggiunto il carico massimo consentito dalle disposizioni nell’ambito dell’emergenza sanitaria Covid-19, la salita sarà vietata e i flussi deviati sui treni successivi». E infine, un’altra stilettata: «Con questo sciopero, il sindacato Orsa impedisce di garantire i treni utilizzati dagli studenti al termine delle lezioni».
La versione di Orsa
Orsa, ovviamente, la pensa in maniera decisamente opposta ed elenca «le continue inadempienze aziendali, il mancato rispetto dei principi cardine della contrattazione , la violazione degli accordi sottoscritti, il mancato rispetto degli accordi l’abuso del ricorso al sistema sanzionatorio, con innumerevoli quanto ingiustificati provvedimenti disciplinari a carico di tantissimi lavoratori» come base della protesta di lunedì. In cosa consistono, perciò, le violazioni di Trenord secondo la sigla sindacale? «Mancata verifica dell’accordo relativo agli ammortizzatori sociali adottati per superare il periodo del look down; mancato rispetto delle procedure e degli accordi in materia di turni del personale; modalità di assunzione e formazione non conformi a quanto previsto dal contratto collettivo delle attività ferroviarie; sanzioni disciplinari ingiustificate che hanno raggiunto anche 6-7 giorni di sospensione nei confronti dei colleghi che avevano preteso di rispettare il turno di lavoro comunicato ad inizio mese e le mansioni previste dal loro ruolo ed inquadramento; condizioni logistiche inadeguate, vedasi mancanze di sale di sosta con i lavoratori abbandonati a se stessi sui marciapiede delle stazioni, servizi igienici assenti o carenti».
Le frizioni con il Governo
Che non siano settimane facili sul fronte trasportistico, in Lombardia, lo testimoniano anche le frizioni con il governo Conte. A dare il via alla guerra di posizione è stato l’ad di Trenord, Marco Piuri, presente all’inaugurazione della nuova biglietteria Trenord in stazione Centrale a Milano. Piuri ha sottolineato come «alle aziende che offrono servizi pubblici, danneggiate finanziariamente dal Covid-19, il Governo britannico ha subito detto: il rischio commerciale è del Governo, non preoccupatevi di quanto incassate», sottolineando come in altri Paesi europei lo Stato si è accollato i costi di mancati ricavi di aziende statali, mentre in Italia no. Nel quadro degli effetti del coronavirus, ha osservato Piuri, «nessuno si pone il tema della sostenibilità finanziaria di alcuni servizi pubblici». E’ chiaro, spiega, che come ente pubblico, in questo caso ferroviario, «se ho in circolazione tutti i treni e sto facendo tutti i servizi che facevo prima (della pandemia, ndr) e ottengo la metà degli incassi di prima, ho un problema». Per Piuri «nessun si chiede mai quanto costa il servizio pubblico e chi lo deve pagare», precisando, che fra l’altro, «c’è chi lo usa ma non lo paga, e infatti abbiamo livelli di evasione molto alti». Inoltre, continua l’ad di Trenord, «c’è un tema di contratto di servizio di collaborazione che è quello posto al Governo, visto che il fondo è a livello nazionale, al quale oggi si sta chiedendo di compensare i mancati ricavi che non dipendono da una cattiva gestione dell’azienda, ma derivano da condizioni di forza maggiore», ovvero la pandemia. Piuri osserva infatti che «c’è una norma europea che dice che chi fa servizio pubblico deve avere il contratto in equilibrio economico-finanziario, per cui se scendono i ricavi da biglietto per motivi rilevanti, devono essere compensati. In altri Paesi europei il sistema ha dato risposte più veloci».
Una stilettata che è arrivata al cuore dell’Esecutivo. Parlando di Trenord, il ministro Paola De Micheli ha successivamente spiegato di aver «già chiesto a Regione Lombardia un confronto serrato perché la qualità del servizio è inidonea perché questa regione non può avere ancora collegamenti monobinario tra città capoluogo di provincia. Non è immaginabile – ha aggiunto – che nel 2020, nel cuore dell’economia italiana, i pendolari abbiano ancora lunghi tratti che devono percorrere su mono binario».
A chiudere il cerchio della polemica, l’assessore lombardo alle Infrastrutture Claudia Maria Terzi: «Se molti collegamenti ferroviari importanti sono a binario unico (il 56% della rete è a binario unico), è proprio perché negli anni lo Stato non ha investito a sufficienza in Lombardia, la quale, ricordiamolo, vanta un enorme residuo fiscale. Risorse che prendono i binari di Roma per non tornare in Lombardia. Se il servizio in Lombardia non è ottimale – sottolinea ancora Terzi – è anche perché Trenitalia del gruppo Ferrovie dello Stato (proprietaria al 50% di Trenord) ha rifilato a Trenord treni vecchi senza preoccuparsi di rinnovare il materiale rotabile, cosa a cui sta pensando Regione Lombardia con 1,6 miliardi di investimenti per i treni nuovi. Detto questo, ci confronteremo con piacere con il ministro in modo da ribadire tutte le carenze della rete statale e chiedere gli interventi che i lombardi attendono da troppo tempo».
Il bonus
Che la situazione stia tornando lentamente alla normalità lo dimostra anche l’elenco delle linee cui spetta il bonus perché a luglio non hanno rispettato l’indice di affidabilità (fissato a quota 5%) stabilito nel contratto di servizio: i pendolari interessati potranno usufruire di uno sconto del 30% sull’abbonamento di ottobre. Sono quelli che viaggiano sulla Brescia-Bergamo-Lecco, sulla Verona-Brescia-Treviglio-Milano. la Bergamo-Pioltello-Milano, la Mortara-Novara, la Domodossola-Gallarate-Milano, la Seregno-Carnate (dove c’è il servizio bus sostitutivo), la Stradella-Pavia-Milano, la Lecco-Carnate-Milano e l’Alessandria-Mortara-Milano.
A febbraio, l’ultima rilevazione significativa prima del lockdown, erano ben 16 linee fuori dai parametri di un servizio accettabile. A marzo erano 6, ad aprile 1, a maggio e giugno 3, a luglio 9. Piano piano, si sta tornando ai livelli pre-pandemia.
Carrozze piene
E infine ci sono le altre criticità, in primis quella del sovraffollamento delle carrozze. A bordo dei convogli si possono occupare tutti i posti a sedere; in piedi si può sostare nei vestiboli, mantenendo il distanziamento, ma non nei corridoi. In questo modo è rispettato il limite definito dalle autorità, che hanno disposto che sui mezzi di trasporto pubblico sia utilizzato complessivamente l’80% dei posti omologati. Questa, la teoria. La pratica, soprattutto su alcune tratte, è molto diversa. Se si ferma una corsa perché ha raggiunto il limite della capienza, chi è costretto a scendere a terra ha poche alternative se non quella di aspettare la corsa successiva, magari già al limite. Si tratta di situazioni limite che, è bene dirlo subito, al momento, riguardano principalmente gli orari di punta soprattutto del mattino.
In Brianza una linea particolarmente in sofferenza è quella del Besanino. Soprattutto in direzione nord, e in particolare per i treni che portano gli studenti delle scuole superiori a destinazione nell’area del Lecchese. «Siamo in un vagone piccolissimo, già a Besana non ci sono posti a sedere e c’è gente in piedi»: chi parla è uno studente del Bachelet di Oggiono. «A Cassago è salita moltissima gente – continua -, hanno dovuto lasciar giù dei ragazzi ma il treno è rimasto bello pieno». La pioggia dei giorni scorsi aveva favorito assembramenti nelle zone coperte delle stazioni e martedì, per un passaggio a livello rotto, un treno è rimasto fermo a Molteno 40 minuti. «Per quanto riguarda il problema degli orari, tutto è rimasto come la settimana prima» dice Torriani. Ossia per la trentina di studenti che da Besana si dirigono quasi tutti verso l’istituto Bachelet, le corse disponibili per raggiungere scuola sono due:quella delle 7.21, che arriva ad Oggiono in tempo per la campanella delle 8, oppure quella che da Besana parte alle 9.14, decisamente fuori tempo massimo per arrivare entro le 9 (gli ingressi delle classi sono scaglionati per evitare assembramenti).
L’alternativa è partire comunque da Besana alle 7.21, scendere a Molteno, aspettare un treno in arrivo da Como e infine arrivare a Oggiono alle 8.46. Venerdì nuovi ritardi record sulla linea con la corsa 5121 da Milano verso Lecco che ha accumulato ritardi per 65 minuti. Su questo episodio il comitato pendolari del Besanino, con il portavoce Alberto Viganò, ha sbuffato: «Nonostante i lavori fatti e ancora in corso, due gocce d’acqua e un po’ di vento e salta tutto. Con i passaggi a livello ancora guasti, c’è stato l’ennesimo disastro sulla S7. Sveglia sindaci» .