L’analisi delle acque reflue non solo può prevenire la diffusione di nuovi focolai di Covid-19, ma sembra riuscire anche ad anticipare di circa di una settimana i picchi nell’andamento dell’epidemia che trovano poi riscontro nel numero di tamponi positivi e, purtroppo, anche nei letti occupati degli ospedali.
In contemporanea alle ricerche e ai programmi avviati nell’ultimo anno in molti paesi al mondo, anche la sede di Brugherio dell’Istituto di ricerca sulle acque del Consiglio nazionale delle ricerche (Irsa-Cnr) ha condotto una serie di studi con l’obiettivo di valutare la presenza di materiale genetico – per la precisione: Rna – riconducibile a Sars-CoV-2 nelle acque di scarico di Monza e Milano.
Lo spiega Fabrizio Stefani, ricercatore in servizio presso il Cnr di Brugherio presentando i risultati del lavoro svolto lo scorso aprile con i colleghi Franco Salerno e Stefano Polesello e in collaborazione con Sara Giordana Rimondi e Maria Rita Gismondo del laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’Asst Fatebenefratelli Sacco di Milano.
«Una presenza prevedibile quella dell’Rna virale. Ma, attenzione: questo non vuol dire che il virus sia per forza attivo. Al momento, infatti, verosimilmente non si sono riscontrati casi di infezione attraverso acque contaminate. In ogni caso la vitalità del virus è risultata trascurabile già all’ingresso dei depuratori e praticamente annientata all’uscita dagli impianti» dopo i processi di disinfezione e sanificazione.
Le analisi sono state effettuate in più punti: lungo il Lambro nei pressi di Melegnano e a monte e a valle dei depuratori di Milano e di Monza San Rocco, gestiti rispettivamente da Mm Spa e da BrianzAcque. E se tracce del virus in qualche caso sono state individuate a valle dei depuratori, la causa è probabilmente da ricercarsi negli scarichi laterali e negli scolmatori di piena che si innestano nei corsi corsi d’acqua bypassando gli impianti di depurazione.
«Si tratta al momento di ipotesi, su cui stiamo lavorando», precisa Stefani. Il team è ora coinvolto in una seconda tranche di ricerche che prevede il coinvolgimento di un numero maggiore di enti e istituti, una sorta di consorzio, che sta valutando tutti i dati raccolti nel corso dell’emergenza sanitaria. Irsa-Cnr, in particolare, si sta concentrando su un’analisi qualitativa dei dati riferibili alla seconda e alla terza ondata della pandemia.
Obiettivo quello di individuare nuove correlazioni tra la presenza di materiale genico nelle acque reflue e l’andamento dell’epidemia, così da fornire ulteriori indicazioni utili alla gestione dell’emergenza. Gli esiti del primo studio hanno trovato spazio su diverse pubblicazioni di settore: in particolare sulla rivista scientifica internazionale “Science of the total environment” con il titolo di “Presence and infectivity of Sars-CoV-2 virus in wastewaters and rivers”.