All’affitto del secondo trimestre dell’anno presto si aggiungerà anche quello relativo agli ultimi tre mesi, per un totale che supera i 50mila euro. Il bar della stazione di via Arosio potrebbe non riuscire a superare l’autunno: «Vediamo, ora, se con la ripresa delle scuole qualcosa torna a muoversi». Perché ai mesi di chiusura forzata imposta dal lockdown è seguito un lungo periodo caratterizzato da una ripresa a rallentatore, tanto che «il lavoro si è ridotto di oltre la metà – ha spiegato Giuseppe Passaretta, che gestisce il bar con i figli Serena e Stefano – Anzi, diciamo pure al 40%».
E, in queste condizioni, è difficile riuscire a onorare a Rfi, la società delle Ferrovie dello stato che gestisce lo scalo monzese, i novemila euro al mese previsti dal contratto. «Una cifra che risultava importante già prima – ha spiegato Passaretta – Ma avevamo accettato le condizioni perché questo bar fa parte della storia della nostra famiglia». Una storia lunga ormai 83 anni: è il 1937 quando Iole Garlati e Achille Cernuschi decidono di dare il via a un’attività che, da allora, è sempre rimasta in famiglia. Le loro fotografie, in abiti d’altri tempi, sono state fatte ingrandire e sono state appese alle pareti del bar che, intanto, ha visto sfilare tra i suoi locali – oltre a migliaia di studenti e di lavoratori – anche quattro diverse generazioni di titolari.
«Abbiamo cercato di metterci in contatto con Rfi – ha proseguito Passaretta tornando al presente – ma non abbiamo mai ricevuto nessun tipo di risposta: abbiamo provato anche con le pec, ma nulla. Avremmo voluto avviare un confronto, ma non è stato ancora possibile». Quella della famiglia Passaretta non è l’unica attività, all’interno di uno scalo ferroviario, a trovarsi in difficoltà per via di affitti rimasti immutati nonostante la pandemia. Tanto che prima dell’estate un’interrogazione parlamentare dei deputati della Lega Fabrizio Cecchetti e Massimiliano Capitanio era stata portata all’attenzione del ministero dello Sviluppo economico e dei Trasporti e il consigliere regionale Alessandro Corbetta aveva presentato una mozione al Pirellone. Intanto La stazione del caffè si è riorganizzata come ha potuto – «anche se è da due anni che tagliamo quante più spese possibili»: intanto ha deciso di chiudere un’ora prima rispetto al solito, garantendo il suo servizio dalle 5.30 del mattino alle 19 – e non più fino alle 20. Quattro dei suoi sette dipendenti sono in cassa integrazione. «Con lo smart working ancora in vigore, sono in pochi adesso a prendere il treno – ha commentato ancora Passaretta – Oltretutto la nostra stazione, nelle condizioni in cui si trova, sembra abbandonata».