Quando esce dalla stalla viene pagato 0,36 euro, mentre quando arriva sullo scaffale costa 1,57 euro, con un aumento di quattro volte. È questo lo “spread” sul prezzo del latte, che fa morire gli allevatori, spendere i consumatori e guadagnare le industrie. In occasione della mungitura pubblica realizzata venerdì a Milano, in piazza Affari, davanti alla Borsa, la Coldiretti Lombardia ha anche disegnato la prima “Mappa regionale del prezzo del latte fresco al dettaglio”. Se il prezzo medio in Lombardia è di 1,57 euro, nei capoluoghi di provincia si va dall’euro e 40 centesimi di Brescia all’euro e 70 centesimi di Pavia, con un picco eccezionale di un euro e 99 centesimi trovato in vendita a Cremona, dove però la media è di 1,64 euro. A Bergamo si arriva a 1,69 euro, a Como e Monza siamo intorno a 1,60 euro, Sondrio e Varese hanno rispettivamente 1,50 e 1,57 euro, Milano si attesta su 1,64 euro, Mantova 1,57 euro, Lecco 1,49 euro e Lodi 1,44 euro. «Le nostre rilevazioni – spiega la Coldiretti Lombardia – hanno preso in considerazione solo il latte fresco intero, senza contare quelli addizionati con omega 3 o vitamine oppure con un ridotto contenuto di lattosio che hanno prezzi più alti. Inoltre – aggiunge Coldiretti Lombardia – su un litro di latte che viene pagato agli allevatori 0,36 euro, le industrie non guadagnano solo con la vendita del latte, ma da quel litro di latte estraggono parte dei grassi per fare panna e burro che poi rivendono a parte guadagnando ancora».
«Gli allevatori invece – conclude Ettore Prandini, Presidente di Coldiretti Lombardia – devono vendere tre litri di latte per potersi permettere un caffè al bar, altrettanti per una bottiglia di acqua, oppure ci vogliono 10 litri di latte per un panino in un bar a Milano. Tutto questo a fronte di un prezzo alla stalla che non copre neppure i costi per l’alimentazione degli animali e che, a livello nazionale sta portando alla chiusura di 4 stalle al giorno».
Una crisi da 600 posti di lavoro in dieci anni. È questo il conto salato pagato dalle province di Lodi, Milano e Monza Brianza di fronte al collasso delle stalle da latte, provocato dal crollo del prezzo e dalle importazioni selvagge di prodotti esteri. La stima emerge da un’analisi della Coldiretti Interprovinciale sulla base delle chiusure degli allevamenti tra il 2003 e il 2014, diffusa oggi in occasione della prima grande mungitura pubblica organizzata da Coldiretti in piazza Affari a Milano e in contemporanea nelle maggiori città italiane. Negli ultimi dieci anni – spiega la Coldiretti – hanno chiuso i battenti 245 stalle da latte: 151 tra Milano e Monza, e 94 a Lodi. In pratica una su quattro. E con loro si sono persi sia occupati diretti, tra titolari e dipendenti, che indiretti con una diminuzione del giro d’affari dell’indotto. Un danno per l’economia di territori che hanno nel latte uno dei loro punti di forza: a Lodi, infatti, si producono oltre 400 mila tonnellate di latte all’anno (pari al 9% del totale lombardo), a Milano più di 270 mila tonnellate e a Monza circa 13mila, per un totale complessivo sulle tre province che supera le 700mila tonnellate (pari al 16% della produzione lombarda).