“Giuro di essere fedele alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi”. Sergio Mattarella ha giurato alle 10 di martedì 3 febbraio 2015. Il nuovo presidente della Repubblica ha poi iniziato il suo discorso d’insediamento ringraziando coloro che hanno partecipato al voto e rivolgendo un pensiero ai capi di Stato che l’hanno preceduto, in particolare a Carlo Azeglio Ciampi e a Giorgio Napolitano. Ha poi reso omaggio a Corte costituzionale e magistratura, ha salutato le numerose comunità di stranieri in Italia.
“In quest’aula si è tutti rappresentanti del popolo italiano e condizione primaria è restituire la politica al bene comune. È necessario ricollegare alle istituzioni i cittadini che le sentono lontane e estranee. La democrazia non è una conquista definitiva, ma va coltivata. Ed è significativo che il mio giuramento arrivi al termine di un percorso incisivo di riforma della Costituzione – senza entrare nel merito – per rinnovare il processo democratico”. Anche con la nuova legge elettorale.
Lungo applauso, anche dai banchi del centrodestra in parlamento, alla metafora calcistica con cui ha promesso di essere “un arbitro ed imparziale perché così deve essere”. Con la richiesta “ai giocatori” di aiutare il presidente “con la loro correttezza”.
E poi cosa significa vivere e applicare la costituzione ogni giorno. Significa “garantire il diritto allo studio in una scuola moderna e luoghi sicuri, per garantire il futuro dei giovani e superare il divario digitale. Significa garantire il diritto al lavoro”. Un riferimento ai giovani che già all’inizio del discorso erano stati citati col riferimento alle “energie nel nostro paese che attendono di esprimersi compiutamente” e alla crisi che non deve rubare il futuro e intaccare i valori.
Significa “che le donne non devono avere paura di violenze e discriminazioni”, significa anche “rimuovere ogni barriera che limiti i diritti delle persone con disabilità”. Significa la difesa dell’ambiente, il sostegno alla famiglia e alla persona, la garanzia del pluralismo dell’informazione, una giustizia rapida e giusta. Significa ripudiare la guerra.
Nel discorso di Mattarella un ricordo della Resistenza, il riferimento alla lotta contro la mafia, al sacrificio dei giudici Falcone e Borsellino (e del fratello Piersanti Mattarella, con un momento di commozione in cui si è spezzata la voce) e la necessità di combattere la corruzione.
Ha condannato il terrorismo internazionale (“per minacce globali servono risposte globali”) e l’auspicio di una unione politica europea da rilanciare, per rendere l’Italia competitiva. Ma anche di un sostegno nella gestione dell’emergenza umanitaria dell’immigrazione. Applauso al nome di Stefano Gaj Taché, bambino morto in un attentato nel 1982 alla sinagoga di Roma. Omaggio ai due marò, auspicando “il definitivo ritorno in patria”.
Infine un richiamo alla vita di tutti i giorni, quella in cui i cittadini devono riconoscere il volto della Repubblica e quindi di un’istituzione che deve saper essere vicina, dall’ospedale ai musei. Un discorso ad ampio spettro, prima di chiudere con “Viva la Repubblica, viva l’Italia”.