Seregno, una classe nella vigna: ecco il vino “made in Ballerini”

VIDEO - Una classe quarta dell’indirizzo turistico dell’istituto alberghiero al collegio Ballerini di Seregno stanno imparando a conoscere grazie al progetto “Dalla vigna al vino”. Adottata una vigna nell’Oltrepò.
Gli studenti del Ballerini di Seregno al lavoro in vigna
Gli studenti del Ballerini di Seregno al lavoro in vigna

Ruotando leggermente il bicchiere, si è sprigionato qualche sentore di passione. Quella per l’universo della vinificazione, che i ragazzi della 4^B (indirizzo sala) dell’istituto alberghiero al collegio Ballerini di Seregno stanno imparando a conoscere grazie al progetto “Dalla vigna al vino”.

«Nella degustazione trovi sempre un particolare che differenzia un vino dall’altro: sperimentarlo mi ha fatto venir voglia di arrivare a capire come ottenere un certo aroma, un profumo – racconta Ilaria Casiraghi – Certo, è necessario uno studio molto approfondito per arrivare a questo mondo immenso e creativo, ma se a muoverti è la passione, come quella che sta nascendo in me…». Se a muoverti è questo, si possono affrontare anche le fatiche dello studio.

Che i giovani del Ballerini fronteggiano «mettendo le mani in pasta», come dice il professore Antonio Zambrano, tutor del progetto. I giovani studenti hanno adottato un filare dell’Oltrepò pavese grazie alla collaborazione con le vigne Olcru di Santa Maria della Versa.

«È divertente vedere come si parta dall’uva per arrivare al vino, attraversando tutto il procedimento che c’è in mezzo – osserva Beatrice Grassi -.Vederlo dal vivo è diverso e più specifico, capisci veramente come vanno fatte tutte le cose».
I ragazzi diventano protagonisti del processo produttivo grazie ad alcune uscite didattiche: «L’ultima volta, il 31 gennaio, ci siamo occupati dell’imbottigliamento – ricorda Christian Spotti -. Lo abbiamo fatto utilizzando il metodo antico, che ancora prevede la necessità di aspirare da un tubo per far fluire il vino nelle bottiglie. Per tappare abbiamo usato uno strumento che funziona a pressione».

A mano, gli studenti hanno chiuso 250 bottiglie di rosso e 250 di bianco. Nell’uscita precedente, avvenuta in settembre, «siamo stati in vigna a raccogliere l’uva: può sembrare una cosa semplice ma non lo è, perché ci sono moltissimi dettagli da tenere in considerazione, anche solo per tagliare il grappolo nel punto giusto. Vedere le cose dal vivo è molto più bello e rimane più impresso» dice Camilla Origgi.

E ancora Camilla Rusconi: «Abbiamo imparato a vendemmiare, poi abbiamo visto come si effettua il controllo delle uve, come si fa il remuage, abbiamo guardato le vasche di macerazione, abbiamo capito cos’è il cappello (l’insieme delle bucce)».

Passare le giornate in cantina consente poi di «capire cose che prima non pensavo: ci sono tanti test di laboratorio sugli acini d’uva, si fanno anche per trovare il grado alcolometrico, quello zuccherino (ho anche imparato a usare il rifrattometro). Mi hanno mostrato che c’è molto studio dietro a una bottiglia» racconta Edgardo Cazzaniga.

«La produzione è seguita nei minimi dettagli – aggiunge Marina Borgonovo -. Quindi il prodotto finale impari ad apprezzarlo di più, sai che ci sono dietro persone che si sono fatte un mazzo per darti prodotto ottimo». Samuele Valagussa pensa che «come uscita didattica sia diversa perché è come una lezione all’aperto, quindi impari molte cose. A me interessa particolarmente perché comunque conoscere il vino fa parte del nostro lavoro futuro». E questo è così importante che «oltre a questo progetto, quest’anno abbiamo avuto l’opportunità di aderire a un corso di sommelier» spiega Edgardo.