“Prima di venire in teatro da voi ho passeggiato un po’ per Seregno sotto questa pioggerellina, l’ho trovata nel suo silenzio romantica, con angoli e scorci carini”, ha esordito così Rita Dalla Chiesa, strappando un lungo e caloroso applauso dal foltissimo pubblico che gremiva il “Sant’Ambrogio” di viale Edison, in cui l’omonima scuola parrocchiale, giovedì sera, aveva organizzato l’evento all’interno della 24ma mostra del libro in collaborazione con Un mondo di libri. Rita Dalla Chiesa piacevolmente condotta da Eva Musci ha aperto il suo cuore raccontando ogni minimo particolare della sua vita cosi come ha scritto nella sua autobiografia “ Mi salvo da sola” uscita per Mondadori. Con la delicatezza, la sensibilità e l’amore che le sono propri ha trasformato il suo racconto al pari di una piacevole conversazione familiare ispirata anche dal clima che si regnava in sala. Tanti sono i particolari riferiti e tutti egualmente importanti ne riportiamo alcuni.
“Nel libro ho raccontato tutto, non ho fatto sconti a me stessa- ha dettto-ho un nipote e questo libro vuole essere un ricordo della nonna di quando era bambina e del suo bisnonno. Spero che Lorenzo non lo tolga mai dalla libreria. La vita non mi ha fatto sconti, mi ha fatto pagare prezzi alti. Finora la mia vita è stata travagliata, ma bella piena di sentimenti che arrivano dalla mia infanzia che è stata molto felice anche se non ho avuto compagni di scuola fissi, perché costretta ad abitare “ a tempo”, perché con papà dovevamo spostarci ogni volta anche a distanza di qualche mese”.
“ Ho vissuto in tante città ma amo in particolare Milano, anche se il tempo è uggioso per il suo senso civile e Palermo per i colori, i profumi, le amicizie e perché ricordo papà e mamma felici- ha proseguito- non ho mai avuto una casa mia finalmente adesso l’ho trovata a Mondello dove posso guardare il mare con alle spalle il monte Pellegrino”. Ha riferito che il suo primo lavoro è stata da commessa in un negozio dove ha imparato a guardare le persone, cercare di capirle, scavare dentro di loro, quindi i giornali e la televisione approdata grazie ad Arrigo Levi e poi Maurizio Costanzo.
Una lunga parte del racconto l’ha riservata per “l’amico della notte quel ragazzo pieno di riccioli e timidezza” (Fabrizio Frizzi), che rimaneva appostato sotto casa con la Vespa per ore “per invitarmi a magiare cornetti caldi da Spartaco” , ma sempre col pensiero rivolto al papà, il generale Carlo Alberto, sul quale ha detto “ a Palermo nonostante le promesse non gli hanno dato la scorta che meritava”. Ha ricordato il braccio di ferro tra Frizzi e la direzione della Rai, il giorno dell’uccisione del giudice Falcone. “Frizzi non voleva andare in onda- io ero presente a quella discussione- ma alla fine dopo un interminabile conflitto fu costretto a fare la trasmissione, ma in quella trasmissione c’era il suo smoking non c’era Fabrizio”.