“Diario di un razzista”, è un libro breve, ma che ha alla base tanti anni di ricerca con amici e altri colleghi – ha esordito il professor Raffaele Mantegazza, docente di pedagogia interculturale alla facoltà di scienze dell’educazione a Milano-Bicocca, martedì sera, alla biblioteca civica Pozzoli, invitato da Area Libri con la casa della Sinistra, all’interno dei “30 giorni di cultura”- e nasce dal fatto che c’è molta preoccupazione per le tante cose che accadono oggi”. Un diario fittizio per una situazione purtroppo realistica che ricostruisce sotto forma di narrazione autobiografica la vicenda di tanti adolescenti che vengono catturati dalle ideologie razziste, neofasciste e neonaziste. Ha subito citato il gruppo musicale “99 fosse” (chiaro riferimento alle Ardeatine) che ha pubblicato in rete cover di canzoni di cantanti famosi con testi trasformati “violentemente filonazisti e antisemiti”.
E ha portato ad esempio il caso scoppiato in Inghilterra lo scorso gennaio a seguito dell’atteggiamento tenuto dal portiere della squadra del Crystal Palace, Wayne Hennesey che “ è stato assolto dall’accusa di aver effettuato il saluto nazista dopo la vittoria in coppa d’Inghilterra sul Grimsby. Assolto ma umiliato dai giudici in quanto considerato con un livello di ignoranza deplorevole, perché il portiere dopo l’interrogatorio neppure sapeva cosa fosse il nazismo”.
Mantegazza ha richiamato anche l’episodio di cui era stato protagonista il portiere Gigi Buffon che si era presentato ad una conferenza stampa con la scritta sulla maglietta “boia chi molla”, facendo gongolare Alessandra Mussolini, forse senza sapere che era un’espressione dell’estrema destra, invece per lui era solo un modo per dire occorre non demordere. Ma anche del saluto romano, quando esultava dell’ex giocatore della Lazio Paolo Di Canio. “Di fronte a queste situazioni l’ignoranza è un’aggravante non un’attenuante- ha precisato Mantegazza- e il mondo mi sembra stia andando alla rovescia, il problema è che questi accadimenti, questi atteggiamenti, questi simboli stanno passando sotto traccia e sono arrivati ad essere quotidiani tanto che non ci indigna più, perché dietro c’è stato un lungo lavoro. E gli adolescenti, i giovani, soprattutto quelli più deboli, che attraversano momenti difficili, di crisi sono i primi ad essere catturati, perché vorrebbero sentirsi dire che sei bravo e non spronato a reagire che invece da fastidio.” Ha concluso che non bisogna farsi intimidire e si deve tornare a lavorare sulle emozioni non sulla pancia.