Seregno, i 90 anni in città dell’Istituto Pozzi e delle Figlie della Carità San Vincenzo

A Seregno si celebrano i 90 anni di presenza in città dell’Istituto Pozzi e delle suore Figlie della Carità San Vincenzo: una istituzione nel segno dell’umiltà e del servizio che ha radici al tempo in cui le industrie di Brianza si affidavano ad una manodopera femminile che proveniva dagli istituti di beneficenza.
1954: accanto alla superiora Maria Lucchini, Ercole Pozzi, figlio del fondatore dell'istituto, il sindaco Antonio Colombo e don Giuseppe Rimoldi
1954: accanto alla superiora Maria Lucchini, Ercole Pozzi, figlio del fondatore dell’istituto, il sindaco Antonio Colombo e don Giuseppe Rimoldi Paolo Volonterio

“San Vincenzo dice di non mettersi mai in mostra. Noi ci auguriamo di arrivare a festeggiare il centenario e altri cento ancora, con tante buone e brave suore che rispondano bene alla loro vocazione”. È il pensiero semplice ma carico di significato della superiora suor Maria Grazia Tirelli, in occasione del 90esimo anniversario della fondazione dell’istituto Cornelia e Pasquale Pozzi di Seregno, in via Alfieri, e della loro presenza all’interno della struttura come comunità delle Figlie della Carità san Vincenzo.

Seregno, i 90 anni in città dell’Istituto Pozzi  e delle Figlie della Carità San Vincenzo
Le nove religiose Figlie della Carità presenti all’istituto Pozzi

La storia di questa presenza parte da lontano, da quando le industrie di Brianza si affidavano ad una manodopera che proveniva dagli istituti di beneficenza. Tutto iniziava nel 1875 con l’apertura del setificio Bonazzi di Germanedo (Lecco), di proprietà di Kramer e Muller di Zurigo. L’annesso convitto ospitava giovani lavoratrici, spesso orfane e provenienti da famiglie disagiate.

Nel 1927, in città, il cotonificio fratelli Pozzi “Electa” attraversava un periodo di crisi. Il movimento politico, gli scioperi, rischiavano di bloccare il lavoro in uno dei momenti più difficili per la sopravvivenza delle piccole industrie. Per avere una manodopera sicura Pasquale Pozzi pensava alla creazione di un convitto operaio, guidato da suore, nel quale le giovani potessero avere l’educazione e la formazione alla vita, mentre lui dava lavoro e pane. Sacrificando una parte del terreno della fabbrica, costruiva un edificio capace di un centinaio di ragazze, ma l’edificio rimaneva vuoto e il terreno sprecato. Non c’era una comunità di suore che lo accettava. Un calcolo sbagliato. Un fallimento da un punto di vista umano. Una casa vuota, ma pronta.
Nel 1929, a Germanedo, il setificio Kramer- Muller chiudeva i battenti. Cinquanta ragazze di un istituto annesso all’opificio si trovano senza pane, mentre un ordine preciso impone alle suore e alle ragazze di sloggiare. Una lettera della superiora alla direzione delle Figlie della Carità sottolineava il grande disagio di non saper dove collocare le ragazze. Il 5 gennaio 1930, le suore e le ragazze entravano nell’edificio di Pasquale Pozzi che ne diveniva il munifico e il realizzatore. Iniziava la storia dell’istituto. Storia della casa, che di anno in anno si ampliava vedendo sorgere vicino a sé il salone del teatro e la cappella. Storie di lunghe giornate di lavoro, di difficoltà e sacrifici.

Storia di oltre 800 giovani che hanno ritrovavano nella casa la famiglia perduta, e nella famiglia nuova la comprensione e l’amore.
Tanti i passi percorsi nel tempo. Nel 1999 si inaugurava il “centro di pronto intervento”, per madri con bambini da zero a dieci anni; due anni dopo nel 2001, veniva attivata la “comunità alloggio”, sempre per madri con bambini e subito dopo, nel 2002, un progetto di semiautonomia . Il 2 febbraio 2009, alla presenza di suor Maria Pia – visitatrice in carica della Provincia delle Figlie della Carità di Torino – veniva deciso di aprire una “comunità residenziale per minori” dai 6 anni ai 14 circa.

All’istituto di via Alfieri, attualmente sono presenti: la “comunità educativa mamma-bambino”, che accoglie richieste d’inserimento urgente e, o programmato di mamme con bambini da 0 a 10 anni interessati da un provvedimento del Tribunale per i minorenni o seguiti dai Servizi Sociali del Comune di provenienza. Può ospitare un massimo di cinque nuclei; il “pensionato-convitto”, luogo di accoglienza per persone lontane da casa, con impegni di studio o di lavoro o di assistenza a malati spedalizzati o altri motivi contingenti.