«Mi chiedo: qual è il posto di un bambino di 7 anni che frequenta la seconda classe della scuola primaria? Non ho dubbi, il suo posto è in classe, nel suo banco e tra i compagni, con la sua maestra. Ecco perché sento il bisogno di raccontare quello che mi è accaduto presso scuola ‘Salvo D’acquisto’ di Monza». Inizia così la lettera inviata al CittadinoMb da una donna di Monza. Racconta un episodio vissuto con il nipote che quotidianamente accompagna a scuola: «Con lui faccio sette, otto minuti a piedi, per me i più divertenti della giornata (…) La mattina del 27 febbraio siamo arrivati con un lieve ritardo, mentre ancora davanti alla scuola sostava il pullman che aveva portato gli alunni da altre parti della città. Per la prima volta abbiamo trovato cancello e porta chiusi, la bidella si è rifiutata di farci entrare, invitandoci in modo perentorio a ritornare alle 9,30. Non eravamo soli, io e il mio nipotino, c’erano un papà e una mamma con i rispettivi figli, ognuno con le proprie ragioni che nessuno intendeva ascoltare. Davanti alle rimostranze piuttosto decise o meglio le urla del papà – ma che brutto spettacolo per i bambini! – la bidella finalmente ha aperto il cancello e ci ha fatto entrare, dicendo che al massimo gli alunni potevano aspettare nell’atrio fino alle 9,30, mentre un suo collega si è posto davanti alle scale per impedire che salissero in classe. C’è una circolare della scuola, datata 9 novembre 2017, dove si stabilisce che gli alunni che non rispettano l’orario entrano nell’ora di lezione successiva. Mi sono chiesta siamo nella scuola primaria o al liceo?».
E poi: «Sono una nonna, ma sono stata insegnante per ben 38 anni proprio a Monza, ho fatto la formatrice, ho lavorato in Provveditorato e altro ancora, mai mi era capitato di vedere una scuola elementare così ripiegata su stessa, asserragliata dietro le sue porte. La circolare è stata rispettata: un alunno di 7 anni, insieme ad altri compagni, con il mondo da scoprire e ancora tutto da imparare, ha aspettato nell’atrio per oltre 50 minuti senza fare niente, forse seduto su una delle seggioline disponibili. Così era disposto e così è stato, ma credo che non ci sia proprio niente di cui la scuola possa andare fiera. Ho provato un senso di grande disagio e vergogna per chi rinuncia a educare con serietà, a maggior ragione nella scuola primaria. Esprimo il mio più grande disappunto per l’accaduto, allo stesso tempo non voglio abbandonare la speranza che la scuola recuperi il significato più profondo della sua missione educativa, assegnando ad ogni bambino che ne varca la soglia il posto giusto, in modo che possa crescere libero e consapevole dei propri diritti e doveri».
Dalla scuola primaria arriva una conferma. «Per riguardo a chi rispetta l’orario d’ingresso, in accordo con l’intero consiglio d‘istituto, a novembre abbiamo diramato una circolare chiara in merito ai ritardi d’ingresso a scuola». Con queste parole Laura Veraldi, vicaria del comprensivo D’Acquisto, precisa la scelta dell’istituto di mettere nero su bianco gli orari d’entrata e uscita da scuola, sia essa primaria o media. Nella circolare numero 38 del 9 novembre hanno comunicato a tutte le famiglie che, in caso di arrivo fuori orario gli alunni dovranno aspettare l’inizio dell’ora successiva nell’atrio della scuola o con i genitori stessi.
«Noi vogliamo insegnare la puntualità e il rispetto dell’altro – continua la vicaria – ai nostri bambini. Esiste una tolleranza di 10 minuti anche un po’ di più, prima che i collaboratori chiudano i cancelli. Ma arrivare alle 8.45 quando l’orario d’inizio lezione è alle 8.30 significa interrompere l’attività didattica e disturbare chi invece rispetta l’orario. Negli ultimi anni, sempre più spesso, è capitato di genitori arrivati in costante ritardo con giustificazioni di vario genere. Abbiamo sempre accolto i bambini ma, con dispiacere, abbiamo dovuto mettere un freno alla situazione».
La scuola, prima di prendere questa decisione ha coinvolto tutte le componenti. «La dirigente, Elena Bonetti, arrivata quest’anno per la reggenza – conclude Veraldi – ha condiviso e compreso anche la rassegnazione dei colleghi, costretti ad interrompere più volte la lezione».
E nelle altre scuole? Il problema esiste. «Sono i genitori a dover essere educati al rispetto degli orari». Questa l’opinione concorde di alcuni dirigenti scolastici di scuole primarie e medie.
«Arrivare in ritardo è un problema in primis per il bambino – dice Anna Maria Celsio, dirigente del comprensivo Don Milani – che si sente a disagio a entrare in classe a lezioni già avviata. È un momento di grande imbarazzo. A scuola c’è molta tolleranza sull’orario di chiusura dei cancelli, così come c’è comprensione per chi di rado arriva in ritardo. Mentre i “soliti ritardatari” sono più difficili da gestire. Nel nostro regolamento d’istituto c’è scritto che chi supera i 10 ritardi viene convocato da me, chiaro che si chiamano i genitori. Ad oggi non è mai successo ma spesso sento il personale lamentarsi di chi arriva tardi. Si tratta di un malcostume difficile da far cambiare».
Concorde anche la collega Anna Cavenaghi, dirigente del comprensivo di via Correggio, che sottolinea come: «La scuola primaria è scuola dell’obbligo. Non possiamo lasciare i bambini in attesa nell’atrio. Certo che se il ritardo diventa un’abitudine convochiamo i genitori e spieghiamo loro la ricaduta negativa, da un punto di vista educativo, sui loro figli. La regola esiste e deve essere rispettata».
Porte aperte al comprensivo di via Raiberti e a quello di via Foscolo, come conclude Antonio Prizio, dirigente e reggente dei due comprensivi: «Non possiamo lasciare fuori i minori. Però dobbiamo educare al rispetto le famiglie. Se il comportamento è reiterato si convocano i genitori».